Il vino italiano chiude il primo semestre confermandosi come uno dei settori più resilienti alla crisi, ma i dati vanno letti con attenzione per capire quale sia il trend reale. E si intuisce che la strategia di difesa, che ha permesso di limitare al -4% il calo dell’export (contro punte di oltre il 40% per alcune specializzazioni della moda), è stata costruita anche sul contenimento dei prezzi.
Lo testimonia, secondo i dati Istat del primo semestre elaborati dall’Osservatorio Uiv, l’andamento degli spumanti. Il prezzo medio al litro è infatti sceso dell’11,7% nel primo semestre, e a fronte di un +4,7% nell’export in quantità, il risultato in valore è diminuito di oltre 7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2019. Diversa la situazione dei vini fermi: il prezzo medio è invariato, e il calo di fatturato e di quantità esportate si attesta attorno al 3 percento.
In totale, nei primi sei mesi, il giro d’affari dell’export vinicolo italiano si è fermato a 2,89 miliardi di euro contro gli oltre 3 miliardi dell’anno precedente. Da dieci anni non si assistiva a una diminuzione delle vendite all’estero, ma certamente la situazione del 2020 è stata eccezionale. L’impatto della pandemia però dovrebbe essere più forte a fine anno rispetto al primo semestre, contrariamente a quanto è accaduto in altri settori, perché nei primi due mesi del 2020 l’export era stato ben oltre le previsioni anche per il timore dell’adozione di dazi negli Usa, che aveva spinto diversi importatori a fare scorta.
Andando più nello specifico, l’analisi dell’Osservatorio Uiv evidenzia un impatto particolarmente pesante, oltreché per gli spumanti, per i rossi Dop, in particolare toscani e piemontesi, che segnano cali anche sulla componente volumica (-7%), mentre per ora i bianchi a denominazione compensano sul valore con l’aumento delle forniture a volume (+5%), trainati dalle buone performance del “rassicurante” Pinot grigio in Usa e Uk. Quanto alle bollicine, il Prosecco ha contenuto le perdite a valore a -4%, mentre gli spumanti metodo classico e affini vanno sotto addirittura del 40 percento.
Uiv intanto esprime timori per le ripercussioni non solo della pandemia, ma anche della Brexit. “L’incertezza sulle regole da adottare in tempi brevissimi sta generando fortissime preoccupazioni tra le imprese del vino in un mercato che rappresenta il terzo sbocco al mondo per il nostro export e che sta già pagando un prezzo molto alto al Covid-19”, afferma il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti. Nel primo semestre 2020, secondo i dati Istat elaborati dall’Osservatorio, la contrazione export a valore del vino made in Italy in Gran Bretagna è stata pari a quasi il 10% sullo stesso periodo 2019, con gli sparkling a -19,8 percento.