Il dato più drammatico, -22%, riguarda i mezzi di trasporto, con punte del -31% per le automobili. In materia agroalimentare il danno è limitato al -9%, ma il primo effetto di Brexit è un colpo comunque pesante per l’export del made in Italy.
Lo studio sulla diminuzione delle esportazioni verso la Gran Bretagna, complessivamente pari al -12% per una perdita totale stimata in 2,7 miliardi a fine anno, è stato presentato da Coldiretti al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione che si è tenuto a Cernobbio (Como) dal 14 al 15 ottobre. Il valore evidenziato dall’associazione di rappresentanza degli agricoltori è legato al mese di luglio, il primo dopo la decisione degli elettori britannici di uscire dall’Unione Europea, e inverte un trend rimasto positivo per tutto il 2015 e confermato nel primo semestre dell’anno in corso.
In attesa di osservare l’andamento da qui a fine anno, Coldiretti lancia l’allarme per il comparto agroalimentare e in particolare per il vino, che rappresenta la voce più importante in termini di fatturato export con un valore di 746 milioni di euro nel 2015 e un trend in ulteriore aumento del 4% su base annuale fino al primo semestre del 2016. Il traino arriva dagli spumanti e in particolare dal Prosecco, aumentato del 50% con una quota di 275 milioni di euro di export verso Londra. Al secondo posto c’è la pasta, che nel 2015 ha generato un giro d’affari di 332 milioni di euro, e al terzo l’ortofrutta con 281 milioni, in aumento del 7% nel primo semestre, che ha già incassato il colpo del crollo dell’import russo e ora rischia di dover subire anche quello britannico. La svalutazione della sterlina mette in pericolo anche l’export di formaggi, aumentato del 12% nel primo semestre, e di olio d’oliva, che era progredito del 6 percento.
La Gran Bretagna, conclude la nota di Coldiretti, è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari made in Italy “con una tendenza progressiva all’aumento che si è interrotta bruscamente e rischia di costare caro al settore”.