Superato con successo il primo test romano, tocca ora mettersi alla prova con quello milanese. Domò, l’insegna ristorativa specializzata in cucina giapponese, ampia il suo raggio di azione aprendo il suo secondo punto vendita che trova casa nel capoluogo lombardo, in Via San Marco, area di Porta Nuova. L’intenzione è conquistare fette sul mercato foodservice meneghino, consapevoli di operare in un contesto molto competitivo, soprattutto quando si parla di cucina orientale. Ne è consapevole il titolare del progetto, Massimo Sun, 32 anni, imprenditore romano di origine asiatica, che pur mantenendo compostezza e basso profilo, ha raccontato a Pambianco Wine&Food quelli che sono i suoi obiettivi a capo di una realtà che a Roma, lo scorso anno, ha fatturato 3,4 milioni di euro.
A Milano si vuole fare meglio, con la previsione di chiudere il 2024 con ricavi superiori del 4% rispetto a quanto realizzato nel ristorante capitolino. In questa impresa può contare al suo fianco su Flaminia Ceccarini, classe 1997, a cui è stato affidato il ruolo di general manager della catena, e sull’abilità culinaria dell’executive chef Antonio Dai, che prima di essere reclutato in questo progetto a lavorato in alcuni noti ristoranti a Londra, Parigi e Tokyo.
In tutto, per il progetto milanese è stato assembrato uno staff composto da circa 80 dipendenti. Un folto numero commisurato alla dimensione del posto, dato che la location, dove prima sorgeva il Museo dei Navigli, ha una superficie totale di 1500 metri quadri e vanta 200 posti a sedere. L’affitto mensile si aggira sui 30mila euro. Il layout, dal canto suo, è stato disegnato dallo studio di architettura Naos Design, che ha impiegato poco meno di un anno prima di ultimare i lavori, concependo alla fine un ambiente con forte respiro internazionale, caldo, conviviale e dove l’eleganza è garantita senza risultare troppo formale.
Ma veniamo al business model di Domò, che di base rilegge il concetto di all you can eat. In pratica, via il menu degustazione o alla carta, spazio invece a una scelta a ‘blocco’, ovvero soluzione composta da 10 piatti monoporzione. Lo scontrino per la parte food è uno solo: a pranzo 22 euro in settimana e 27 euro il week end, 35 euro a cena. Il tutto escludendo bevande e dessert. Terminato questo primo decalogo gastronomico, il commensale, se vuole, può ordinarne un altro senza dovere ulteriormente mettere mano al portafoglio. Gli assaggi fanno prevalentemente perno sulla tradizione food del Sol Levante, inglobando ricette rivisitate in chiave occidentale e, in alcuni casi, con contaminazioni con la cucina italiana. Il giro del gusto è ampio.
In questi primi mesi di attività (il ristorante milanese ha aperto ufficialmente lo scorso mese di ottobre, ndr), come fanno sapere i titolari di Domò, la formula attira una clientela piuttosto eterogenea, nella quale prevale la quota Gen Z e Millenials. “Lo scontrino medio serale si aggira intorno ai 55-60 euro a persona”, afferma Massimo Sun. “Il format che abbiamo adottato riteniamo essere innovativo e originale, offre la possibilità di assaggiare e scoprire numerose proposte culinarie. La scelta vasta è uno dei cardini della nostra strategia, perché così fidelizziamo il cliente e gli offriamo la possibilità di condividere assaggi insieme ad amici, a une spesa tutto sommato contenuta”.
A queste condizioni è vitale generare volumi per riempire i tanti tavoli. Per questa ragione, il team di Domò è al lavoro per migliorare e rendere più versatile l’area bar, in maniera da creare uno spazio post dinner dove ordinare e sorseggiare vini selezionati e long drink.
Il bis all’ombra del Duomo lascia presagire a un ulteriore ampliamento della catena. “Pensiamo che con Milano e Roma, l’Italia sia coperta”, ha specificato Sun. “L’attenzione in futuro si sposterà verso l’estero. Stiamo valutando seriamente la Francia, puntando a Parigi e alla Costa Azzurra, ma seguiamo anche la Spagna. Pensiamo che questi Paesi siano gastronomicamente affini al mercato italiano, caratterizzato dal fatto che i consumatori mostrano un forte interesse nei confronti di proposte culinarie giapponesi e sposano con entusiasmo il concetto di food sharing”.