La riconoscibilità c’è, ma manca ancora il riconoscimento valoriale. Così il Consorzio Vini di Romagna spinge sulla valorizzazione del territorio. Il grande lavoro da fare è sulle sottozone del Romagna Sangiovese Doc, ben sedici distribuite su oltre cento chilometri di territorio, ma che rappresentano solo il 4% della produzione per un totale di meno di 500mila bottiglie. “Non è la riconoscibilità il nostro problema. Piuttosto, è il riconoscimento valoriale”, spiega a Pambianco Wine&Food Ruenza Santandrea, presidente del Consorzio. “Dobbiamo andare oltre il nesso ‘piada e Sangiovese’ e le sottozone intese come produzioni di cru vanno in questa direzione. Ecco perché è importante far conoscere anche la ‘Romagna che non ti aspetti’, ovvero quella dei borghi e delle colline e non solo quella della costa e dei lidi balneari”.
In questo senso quindi, gli assaggi di vini di Romagna sono usciti dalle sale di degustazione per incontrare giornalisti, buyer e stakeholder tra le colline e il mare. Il Consorzio Vini di Romagna, forse anche a causa della chiusura forzata di mesi per la pandemia, ha infatti deciso di ‘andar per strada’ con l’obiettivo di creare un tutt’uno tra la Romagna dei vini e la Romagna in senso lato. È ciò che oggi si chiama ‘experience a tutto tondo’ nel mondo del vino per legare il ricordo (e la valutazione) di un vino non solo al calice, ma a tutto ciò che è intorno a un bicchiere. Così è stato con Vino ad Arte 2021, la rassegna dedicata alle anteprime dei vini di Romagna svoltasi a fine agosto scorso, che ha messo accanto agli assaggi anche il racconto dei territori: i mosaici di Ravenna, le celebrazioni per i 700 anni dalla scomparsa di Dante Alighieri, Federico Fellini e il nuovo museo a lui dedicato a Rimini. Ottobre invece sarà il mese della promozione dell’Albana con gli Albana Day, di un walk-around tasting riservato al mondo Horeca all’autodromo di Imola e poi eventi promozionali in Germania e in Danimarca fino a poco prima di Natale.
Un passo in avanti , in ogni caso, è stato fatto già nel 2011 con l’anteporre la parola Romagna a quella di Sangiovese nella Doc, ma, come sottolinea il direttore del Consorzio Filiberto Mazzanti, bisogna fare di più. “Soprattutto all’estero l’idea di Romagna è ancora legata a un immaginario da consumo economico – dice Mazzanti – e qui credo che ci sia anche un gioco un po’ tattico di alcuni importatori e distributori che tengono bassi i prezzi dei nostri vini utilizzandoli come entry level nel mercato dei Sangiovese”. Ecco quindi “perché il lavoro che stiamo facendo sulle sottozone è indispensabile: basse rese in vigna, attento studio delle peculiarità pedologiche e pedoclimatiche, produzioni per ettaro che non superino i 90 quintali – ma tanti sono già tra i 60 e i 70 – e poi serve un ragionamento comune sulla redditività delle bottiglie di questa tipologia”. Qui “sta anche al coraggio dei produttori nel non sottostimare il lavoro che stanno facendo, ridefinendo un posizionamento di prezzo verso l’alto”.