Il Collio si estende su circa 1500 ettari vitati, la maggior parte ad uve bianche. Il Collio rappresenta la culla del vino bianco italiano: da qui è partita la rivoluzione tecnica e culturale dei bianchi del Bel Paese. “Nel 2021 – commenta David Buzzinelli, presidente del Consorzio Collio – le bottiglie prodotte sono 6.479.190, con una crescita dell’imbottigliato del +17% rispetto al 2020 e un fatturato intorno ai 32 milioni di euro. “Esportiamo per un 45% – prosegue – con gli Usa di gran lunga al primo posto. Poi Germania, Svizzera, Austria. Nel mercato domestico l’horeca rappresenta il 90%, il resto è gdo. Abbiamo registrato un’implementazione delle vendite online e un maggiore afflusso dei privati nelle cantine”.
IN STAND-BY L’ITER PER LA DOCG, SI ACCELERA SULLA SOSTENIBILITÀ
Da qualche anno si sta discutendo di un cambiamento al disciplinare, introducendo un Collio Gran Selezione Docg (a base dei tre autoctoni, friulano, ribolla, malvasia), ma i produttori non hanno ancora raggiunto un accordo. “Il nostro consorzio – continua Buzzinelli – è stato tra i primi in Italia ad essere fondato, nel 1964, perché i produttori ci hanno creduto e continuano a crederci, con un forte spirito di appartenenza. Abbiamo anche scelto una bottiglia comune che ci rappresenta, uno strumento di marketing e di riconoscibilità, in crescita del 15 per cento”. Le aziende associate sono 179 (in aumento) su 289 presenti nel Collio. Nel 2021, il Consorzio ha ottenuto la certificazione ministeriale Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata) e punta a coinvolgere il maggior numero di imprese.
“Purtroppo il nostro comparto – sospira Buzzinelli – sta subendo notevoli difficoltà a causa dei rincari, dell’inflazione e della guerra, e ci costringerà, pur assorbendo una parte degli aumenti, a incrementare di circa il 10% i listini”.
I TOP PLAYER
Jermann, pur avendo sede nel Collio, non produce Collio Doc: a parte qualche migliaio di bottiglie di Picolit Doc Collio, il resto della produzione è a Igt e a Pinot grigio Doc Friuli. Nel 2021 con un fatturato intorno ai 15 milioni, Jermann sarebbe stato al primo posto della nostra classifica, ma non producendo Collio Doc, non è stata inserito.
Al primo gradino della classifica troviamo un’azienda storica, Livio Felluga, fondata nel 1956 a Brazzano di Cormons. “Già nel 1956 nonno Livio – spiega Laura Felluga, responsabile marketing e comunicazione – imbottigliò la nostra prima bottiglia con la celebre etichetta che riportava la carta geografica, che fu già allora un’operazione di marketing, in totale sintonia con l’essenza stessa dell’azienda. La nostra è un’azienda familiare le cui scelte strategiche sono sempre state guidate dai nostri valori, dove la natura è protagonista: vigne virtuose in un ecosistema complesso, regno della biodiversità e della sostenibilità, vini che siano espressione della nostra artigianalità e della nostra visione”. L’azienda copre circa 187 ettari vitati, tra Collio Doc e Friuli Colli Orientali Doc, con una produzione di 900mila bottiglie, veicolate principalmente nel canale horeca. L’export equivale al 45%, con gli Usa al primo posto, poi Germania, Regno Unito, Austria e Spagna, per un totale di 80 Paesi. “La nostra azienda è strutturata e stabile, sia come fatturato sia come produzione, puntiamo per il futuro ad una crescita a valore”.
Anche l’azienda Marco Felluga nacque nel 1956, quando i due fratelli Felluga si divisero per creare le proprie attività. Russiz Superiore, sempre di proprietà di Marco Felluga, venne fondata nel ‘67. Marco Felluga, con 100 ettari vitati tra proprietà e affitto, produce 500mila bottiglie, mentre Russiz Superiore possiede 50 ettari vitati con 180mila pezzi prodotti. “Esportiamo per un 40% in 50 Paesi – commenta Ilaria Felluga, titolare ed enologa – principalmente negli Usa, Austria, Germania, Regno Unito e Australia. Il nostro canale distributivo per eccellenza è l’horeca, affiancato da un 5% di gdo e un 5% di e-commerce. A livello di fatturato abbiamo raggiunto i livelli del 2019 e ci riteniamo soddisfatti. Non abbiamo intenzione di aumentare la produzione, ma di dedicarci sempre più alla sostenibilità, per esempio applicando anche a Felluga i pannelli fotovoltaici (già presenti a Russiz Superiore) e iniziando con la terapia dell’ozono”. Da quest’anno aderiranno al progetto della vendemmia didattica e per il futuro puntano all’ospitalità con un B&B. “Vogliamo – continua Ilaria – avvicinare i giovani al vino attraverso nuove esperienze”.
L’azienda agricola Marco Scolaris, fondata nel 1924, nasce con il commercio di uve e vino. Si sviluppa su 30 ettari vitati, suddivisi fra l’area del Collio e dell’Isontino. “Marco Scolaris viene distribuita – spiega Claudio Bertosso, direttore marketing – solamente nel canale horeca con le sue 200mila bottiglie. Il nostro obiettivo futuro è farla crescere. Le abbiamo affiancato, per strategie di segmentazione di mercato, altri marchi commerciali, presenti nel Collio ma anche fuori, come Borgo Boschetto, Cantina San Lorenzo, Villa Follini Bosco del Tiglio, Cantina Le Magnolie e Pecol, che fanno capo alla Scolaris Vini Srl”. La produzione si attesta su circa 1.380.000 bottiglie, suddivise per un 65% nella gdo e un 35% tra horeca, e-commerce e clienti privati, vendute per un 10% all’estero. “Siamo certificati – continua Bertosso – Ifs (International Food Standard) e Brc (British Retail Consortium) che vidimano l’organizzazione ottimale della filiera produttiva nell’ambito della gdo. In questi anni siamo sempre cresciuti e anche negli ultimi due anni, impegnativi a causa della pandemia, abbiamo registrato un +11 per cento”.
“L’azienda Eugenio Collavini – racconta il titolare Manlio Collavini, affiancato dai figli Giovanni e Luigi – è una realtà solida. Abbiamo un fatturato stabile e non puntiamo ad aumentare il numero di bottiglie, attualmente poco più di 1.200.000, tra Collio Doc e Friuli Colli Orientali Doc. Fu nonno Eugenio a fondare l’azienda nel 1896, e quando arrivai negli anni Settanta cominciammo anche ad imbottigliare i vini”. Gli ettari vitati di proprietà sono una trentina, ma i Collavini contano anche su storici conferitori, circa 110 ettari gestiti dalla famiglia. L’export incide al 50%, con destinazione Canada, Germania, Regno Unito, Svizzera, Olanda e altri Paesi. Il canale distributivo è l’horeca, con un 90%. “A parte le bollicine – commenta Collavini – che hanno subito un aumento dei prezzi, non abbiamo ritoccato i listini, assorbendo i rincari all’interno dell’azienda. I nostri progetti sono quelli di mantenere le posizioni acquisite e aumentare l’export. Il Collio meriterebbe di crescere, ma sembra che manchi di combattività. Conto sui giovani, spero che diano una sferzata di nuova energia al territorio”.
“Il Collio ha una qualità media molto alta – commenta Claudio Tomadin, direttore commerciale di Pighin – ed è il nostro punto di forza: ogni bottiglia di Collio che si stappa non delude. Penso che pur essendo un territorio di piccole dimensioni, abbia una prospettiva futura di crescita interessante”. Pighin è un’azienda familiare, gestita da Roberto Pighin, seconda generazione, che si sviluppa su 170 ettari, fra Collio Doc e Friuli Grave Doc (dove ha l’estensione maggiore, di 145 ettari). Distribuiscono il milione di bottiglie prodotte per un 98,5% in horeca e il restante in e-commerce (hanno un sito dedicato, oltre alla presenza nelle piattaforme più note). L’export corrisponde ad un 70%, soprattutto in Usa, Regno Unito, Canada e Germania. “Nel ‘21 abbiamo avuto un aumento dell’imbottigliato del 20 per cento. Stiamo lavorando per essere sempre più sostenibili, per esempio attraverso il fotovoltaico, che stiamo aumentando; l’implementazione del biologico (attualmente abbiamo 8 ettari con vigneti Piwi, certificati bio); la diminuzione del peso delle bottiglie. Sono ottimista per il futuro del mercato, pur dovendo ritoccare i listini di circa un 6% per gli aumenti generalizzati”.
L’articolo sulle tendenze del Collio è disponibile a questo link.