Allo Champagne non basta il buon risultato (+5%) raccolto negli Stati Uniti, primo mercato estero delle bollicine d’oltralpe, per ottenere la crescita. Il giro d’affari 2016 è di poco inferiore al record storico raggiunto nell’anno precedente, 4,71 miliardi di euro contro 4,74, e le cause sono due: la debolezza del mercato domestico francese e soprattutto la svalutazione della sterlina. Quest’ultima circostanza, diventata ancor più incisiva dopo l’esito del referendum sulla Brexit, ha contribuito a comprimere le vendite in Gran Bretagna, storico mercato di destinazione delle casse di Champagne, superato per importanza lo scorso anno dagli Usa.
Il dato britannico dello scorso anno fa scattare il campanello d’allarme. Le esportazioni sono infatti diminuite dell’8,7% in quantità e del 14% in valore, per un corrispettivo di 440 milioni di euro. Aumenta pertanto il divario tra Usa e Uk, ancor più se si considera il rapporto tra fatturato e volumi: pur importando quasi dieci milioni di bottiglie in più, 31,1 contro 21,8 milioni, Londra assicura alle aziende francesi cento milioni di euro in meno rispetto a Washington, per un prezzo medio all’import di 14,1 euro contro i quasi 25 euro pagati dagli americani.
Per quanto riguarda la Francia, il calo è stato del 2,5% in volumi, mentre le vendite hanno tutto sommato tenuto in valore, perdendo solo lo 0,4% a poco più di due miliardi di euro.
Le principali buone notizie per i produttori francesi di spumanti metodo classico riguardano l’America che, oltre agli Usa, fa accelerare il loro export verso Canada (+9,4%) e Messico (+12%), il ritorno della Russia (+24,8%) e anche l’Italia, che occupa la quinta posizione e mette a segno un +6,4% in valore, distanziando il Belgio in piena recessione (-10%). In negativo anche l’area cinese (-2,1%) e l’Australia (-8,6%), mentre di crollo verticale si deve parlare per due realtà piuttosto significative nei consumi di Champagne come la Nigeria (-25%) e il Brasile (-30%).
Tra le tipologie di prodotto, le esportazioni di rosè sono cresciute dell’8,6% e le cuvée speciali del 4,6%, segno che il Comitè Champagne interpreta come un orientamento dei consumi verso bottiglie rare e prestigiose.