“Il motivo del successo del Campofiorin? Il suo saper interpretare perfettamente l’essenza del made in Italy”. A quasi sessant’anni dalla sua creazione e dopo piccoli ma significativi cambiamenti rispetto alla prima, rivoluzionaria, ricetta, secondo Raffaele Boscaini, direttore marketing di Masi, il Campofiorin continua a rappresentare non solo un’etichetta iconica, ma a incarnare quella genialità che spesso rende immortali e famosi in tutto il modo i prodotti italiani. “È un vino flessibile, versatile, sia a tavola che in tutte le occasioni di consumo. Non teme confronti a livello globale, sia dal punto di vista sensoriale che per quanto riguarda il packaging. È un lusso accessibile: grazie a un rapporto qualità-prezzo invidiabile, sa recitare un ruolo da protagonista sia tra le proposte di un bistrot così come nella carta dei vini di un ristorante stellato”.
Classico, e quindi sempre contemporaneo, il Campofiorin di Masi, azienda che ha da poco tagliato il traguardo della 250° vendemmia, è un vino che interpreta perfettamente la filosofia della famiglia Boscaini. Nato come un esperimento con la vendemmia del 1964, viene immediatamente percepito dalla critica e dagli appassionati come un “Supervenetian”, grazie al suo carico di innovazione: la rifermentazione del vino da uve fresche con le vinacce dell’Amarone crea una nuova, dirompente, tipologia di vino perfettamente a metà strada tra la spensierata gioventù di un Valpolicella e l’austera eleganza di un Amarone. Una tecnica, questa, denominata “Ripasso”, che creerà uno stile seguito da molti e che Masi regalerà alla Camera di Commercio di Verona per tutelarla dalle imitazioni e che in seguito verrà inserita anche all’interno del disciplinare di produzione del Valpolicella DOC.
Nel corso degli anni il Campofiorin conquista scrittori e giornalisti di tutto il mondo, da Luigi Veronelli a Hugh Johnson, da Goffredo Parise a Burton Anderson, tutti affascinati dalla sua capacità di saper sempre interpretare con coerenza lo spirito del tempo e quello del territorio di origine. Le uve non sono mai cambiate: Corvina, Rondinella e Molinara. La tecnica di produzione si è affinata nel tempo portando prima, nel 1983, alla decisione di sostituire le vinacce con le uve integre leggermente appassite, coniando così il termine di “doppia fermentazione”; poi, a partire dall’annata 2020, optando per un leggero ritardo nella vendemmia e un incremento nella percentuale di uve appassite. Il risultato? Un vino ancor più morbido, avvolgente e fruttato.
Anche l’etichetta ha saputo aggiornarsi perché il Campofiorin “come tutte le cose che hanno successo, deve sempre essere lo stesso e sempre essere nuovo” sottolinea ancora Raffaele Boscaini. La nuova veste ha mantenuto inalterata la sua originaria riconoscibilità, famosa in tutto il mondo, con l’aggiunta di uno sfondo grigio che valorizza l’ovale con la storica cornucopia e il logo di colore rosso con un leggero outline dorato. “Lo abbiamo vestito con una camicia più elegante – conclude Boscaini –, ma il Campofiorin rimane sempre lo stesso, un vino premium e al tempo stesso contemporaneo”.