Gruppo Campari chiude il 2016 con un giro d’affari di 1,72 miliardi di euro, centrando una crescita organica del 4,7% (+4,2% tenendo conto dell’effetto cambi) guidata dai brand a priorità globale, che hanno mediamente ottenuto progressi per il 6,3%, e regionale, aumentati del 9,3 percento. Il gruppo milanese del beverage alcolico lega la crescita “sostenuta sia top che bottom line” al miglioramento del mix delle vendite per brand e mercato e alla rilevante contribuzione dell’acquisizione di Grand Marnier. L’ebitda rettificato supera i 405 milioni di euro, con un incremento del 4,4% a livello organico e una quota del 23,5% sulle vendite totali. L’utile netto rettificato del gruppo migliora del 7% per un valore di 198,6 milioni. L’effetto di consolidamento dell’acquisizione Grand Marnier è stato pari a 81,5 milioni sulle vendite e di 16,1 milioni sull’ebit rettificato, inclusi nella crescita esterna del gruppo, comportando però un aumento consistente del debito finanziario netto, da 852,8 a 1.199,5 milioni di euro, per cui Campari ha versato 584,1 milioni al netto dei proventi dalle cessioni di business.
Tra i brand, si conferma in forte crescita Aperol, che ha messo a segno un +42,8% delle vendite nell’area Americhe e un +18,5% a livello worldwide, mentre Campari è cresciuto a doppia cifra in Italia e complessivamente è aumentato dell’8,6 percento. In crescita, tra i brand a priorità globale, anche Wild Turkey (+1%) e i rum giamaicani (+2%), mentre nel vendite di Skyy sono in diminuzione dell’1,4%. Averna e Braulio crescono invece a due cifre (+18,7%) e trainano il risultato complessivo dei brand a priorità regionale, dove anche GlenGrant mette a segno un rilevante +11,1% principalmente ottenuto nel mercato francese, nel canale duty free e nell’area Asia-Pacifico. Nei vini, dopo l’uscita dall’ambito extra bollicine con la cessione di Sella&Mosca e Teruzzi&Puthod al gruppo Terra Moretti, viene segnalata la performance di Mondoro in Russia e di Riccadonna in Francia, che messi assieme hanno generato un balzo del 25,6% rispetto al fatturato 2015, mentre Cinzano ha ottenuto una variazione organica positiva del 2,2 percento.
A livello geografico, le Americhe incidono per il 42,1% sulle vendite totali e hanno registrato una variazione complessiva del +3,5%, tale da far diventare gli Stati Uniti il primo mercato del gruppo Campari con un peso del 24,8% sul fatturato totale. L’area Sud Europa, Medio Oriente e Africa pesa per il 30,9% e registra una crescita complessiva del +1,4%, con l’Italia secondo mercato dietro gli Usa per una quota del 23,6% del turnover. A seguire le aree Nord, Centro ed Est Europa, da cui Campari ottiene il 19,9% del fatturato, e quella relativa ad Asia-Pacifico, che vale il 7,2 percento.
“Guardando al 2017, le prospettive rimangono sostanzialmente bilanciate”, ha affermato in una nota il CEO di gruppo Campari, Bob Kunze-Concewitz. “Con riferimento al quadro macroeconomico, riteniamo che l’incertezza del quadro politico nei mercati sviluppati, e le difficoltà nei mercati emergenti possano influenzare i trend di consumo e delle valute. Rimaniamo comunque fiduciosi nel conseguimento di una performance positiva e profittevole del business sull’anno, guidata dalla crescita sostenuta del nostro portafoglio premium, che farà leva sulla rafforzata struttura distributiva e sugli investimenti in brand building”.