La notizia del bancomat del prosecco (denominato Apm, automatic prosecco machine) ha fatto il giro del mondo, ma il sistema ideato da Vagabond Wines non ha avuto lunga vita. Qualche ora dopo il lancio della notizia da parte di Pambianco Wine&Food, il Consorzio di tutela del Prosecco doc aveva già diffuso una nota ufficiale nella quale contestava l’iniziativa della catena londinese di wine bar.
Il presidente Stefano Zanette dichiarava, nel documento, che: “Si tratta evidentemente di una frode nei confronti dei consumatori inglesi, oltre che un serio danno di immagine per la nostra denominazione”. E annunciava che il Consorzio si era attivato, con i propri legali, al fine di contestare l’illegittimo riferimento alla denominazione Prosecco apparso sul distributore londinese”.
A seguito di un incontro diretto tra la proprietà del wine bar e i rappresentanti del consorzio, che si è tenuto nei giorni scorsi a Londra, Vagabond Wines ha deciso di rimuovere la “bank of bubbles”. Ottima idea dal punto di vista del marketing e della comunicazione, ma decisamente troppo audace e contraria alle leggi di tutela di un prodotto a denominazione controllata.
“Con l’occasione il Consorzio ribadisce che, al netto di quanto accaduto nel Regno Unito, agirà in tutte le sedi contro chiunque, in Italia e all’estero, continuerà a somministrare del vino alla spina vendendolo come ‘Prosecco’, cosa non ammessa in alcun modo dal disciplinare vigente”, ha aggiunto Zanette.
Ai clienti di Vagabond appassionati di prosecco non resterà che ordinarlo all’interno del bar, negli orari di apertura, senza ricorrere a sistemi di erogazione automatica. Il suo contenitore naturale, e legale, resta la bottiglia, perché i disciplinari di produzione del Prosecco doc e docg prevedono che tale vino debba essere immesso al consumo solo nelle tradizionali bottiglie di vetro.