Natale è alle porte e con le vendite legate al momento cruciale dell’anno, l’Asti docg punta a 87 milioni di bottiglie, in linea con i traguardi raggiunti negli ultimi anni dalla denominazione più famosa del mondo per le bollicine aromatiche. Si sa che il vento del mercato soffia in direzione contraria rispetto ai vini dolci, essenzialmente per ragioni di trend; eppure i produttori astigiani hanno mantenuto le posizioni e osservano in particolare un forte incremento della tipologia Moscato d’Asti, che un tempo stentava a superare i 4 milioni di bottiglie e invece oggi rappresenta il 35-40% della produzione totale, per un quantitativo superiore ai 30 milioni di bottiglie. Il resto è rappresentato dall’Asti Spumante e in piccola quota, circa due milioni di bottiglie, dalla novità Asti Secco.
I numeri snocciolati dal Consorzio di tutela dell’Asti indicano un forte aumento delle esportazioni verso gli Stati Uniti, in particolare del Moscato d’Asti: per gli States si può parlare di una vera e propria moscato-mania. La situazione è differente in Europa, dove nei due principali mercati di consumo ovvero Germania e Italia si osserva un calo legato proprio alla difficoltà di vendita delle bollicine aromatiche e dolci. In Russia ci sono segnali di ripresa e poi il consumo è più rivolto a questa tipologia di spumante. “Purtroppo – osserva il vicepresidente del Consorzio di tutela, Stefano Ricagno – proprio in Russia siamo danneggiati dalla contraffazione del marchio. Abbiamo recentemente bloccato una produzione locale di 5 milioni di bottiglie in Russia. In prospettiva, oltre a Usa e Russia, pensiamo di poter raccogliere importanti risultati in Asia, dalla Cina al Giappone”. Il mercato russo continua a rappresentare in questo momento il più interessante per volumi e anche per prezzi di vendita.
Per quanto riguarda l’Asti Secco, è stata avviata una pratica per arrivare all’ulteriore modifica di disciplinare che darà ai produttori astigiani la possibilità di produrre bollicine ancor più dry, fino al dosaggio zero, rendendo lo spumante a base di uve moscato sempre più in linea con la tendenza aperitivo. La notizia positiva è che sta aumentando il numero dei produttori, saliti dai 16 iniziali ai 30 attuali. Quella negativa è che due dei tre big della denominazione, Campari e Martini, non lo stanno facendo e che Fontanafredda, dopo l’iniziale adesione, ha deciso di interrompere la produzione. Dal consorzio ammettono: “Dobbiamo affinare qualcosa in fase di vinificazione per attenuare l’aromaticità del Moscato, che sul secco non deve essere esagerata. Siamo però convinti che l’evoluzione del prodotto sarà positiva”.
Intanto il consorzio dell’Asti si appresta a gestire un passaggio importante in termini di governance. La presidenza di Romano Dogliotti, moscatista dell’azienda La Caudrina nominato nel 2017 al vertice della struttura, scadrà il prossimo anno e oltre al rinnovo delle cariche, l’assemblea dovrà individuare anche un nuovo direttore a seguito dell’uscita di Giorgio Bosticco, avvenuta a settembre per raggiunti limiti di età.
In attesa del rinnovo, il consorzio viene gestito da Dogliotti e dai quattro vicepresidenti (Flavio Scagliola e Stefano Ricagno in rappresentanza della parte agricola, Gianni Marzagalli e Massimo Marasso per le case spumantiere), ai quali sono state affidate deleghe precise. A Ricagno spetta in particolare quella per le azioni promozionali e per il marketing, dove l’Asti docg sta investendo con progetti quali La Firma del Territorio, brandizzando punti strategici dell’astigiano con un claim unitario. “Siamo territorio Unesco, ma non abbiamo mai comunicato nel modo giusto il raggiungimento di questo traguardo. Ora lo faremo, attraverso la creazione di un fondo destinato ad attività di valorizzazione del territorio di origine per darne la consapevolezza non solo a chi vive nel territorio e produce uva e vino, ma anche ai wine lovers e ai turisti che sempre più frequentano le nostre zone”, conclude Ricagno.