L’Asiago dop si appresta a chiudere l’anno con una leggera crescita, maturata soprattutto negli ultimi mesi, colta proprio in occasione del 40° anniversario dalla fondazione del consorzio di tutela risalente al 1979. Si tratta della quarta denominazione italiana per produzione di formaggi da latte vaccino dopo Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Gorgonzola. Nel territorio di produzione, compreso tra Veneto e Trentino, vengono prodotte circa 1,6 milioni di forme di Asiago dop, di cui 1,4 fresco e 200mila stagionato, per un giro d’affari che si aggira attorno ai 200 milioni di euro. Ma se la produzione di pianura risulta essere decisiva in quantità e capacità di generare fatturato, quella di montagna, dove opera tra gli altri lo storico caseificio cooperativo Pennar, è altrettanto fondamentale per l’immagine e per la qualità acquisita dal prodotto.
Il presidente del consorzio di tutela, Fiorenzo Rigoni, ricorda: “La dop Asiago è stata la prima a livello europeo a poter inserire la denominazione aggiuntiva di ‘prodotto della montagna’ per valorizzare queste produzioni, che contribuiscono a sostenere l’economia dell’Altopiano di Asiago, dove ancora esiste il fenomeno delle malghe. Basti pensare che su 44 soci produttivi del consorzio, ai quali vanno aggiunti cinque affinatori, ci sono ben dieci malghe”.
Sostenere e valorizzare questa nicchia è quindi una delle mission del consorzio di tutela proprio perché, afferma Rigoni: “Tenere alto il nome del prodotto della montagna dà lustro a tutto l’Asiago dop”. L’altra grande opera consiste nella vigilanza e nella tutela della denominazione, che è tra le più imitate soprattutto nel continente americano. “Abbiamo tanti imitatori, che poi esportano il falso Asiago un po’ ovunque. L’azione di controllo dev’essere costante e capillare”.
Gli Stati Uniti stanno inoltre creando qualche grattacapo a livello commerciale perché i dazi adottati dall’amministrazione Trump minacciano l’export verso quello che rappresenta il primo mercato estero dell’Asiago. A dire il vero, la quota delle esportazioni è ancora bassa, poiché il 90% della dop è destinata all’Italia, ma proprio nelle ultime settimane il consorzio ha dato il via a una campagna promozionale e informativa piuttosto ingente, con 4,7 milioni di investimenti mirati a Giappone, Cina, Corea del Sud e Vietnam e con 3,7 milioni per Italia, Germania, Regno Unito e Repubblica Ceca, con due importanti piani triennali co-finanziati dall’Unione Europea. La svolta protezionistica statunitense spinge perciò i produttori dell’Asiago a puntare sull’Asia. Rigoni afferma: “Siamo inseriti molto bene in Giappone e ora stiamo iniziando a lavorare con la Cina. Attualmente gli Stati Uniti continuano a rappresentare la prima destinazione estera, seguiti da Svizzera, Francia e Germania. Ma anche in Messico stiamo raccogliendo ottimi risultati”.