Dopo aver chiuso il 2021 a quota 266 milioni, con una quota export pari al 59% e un ebitda al 44%, Marchesi Antinori guarda a una chiusura 2022 in positivo e a un 2023 di positiva e costante crescita organica nonostante le difficoltà e le incertezze date dalla situazione geopolitica ed economica globale. Lo ha raccontato Albiera Antinori, presidente di Marchesi Antinori, a Pambianco Wine&Food in occasione del conferimento del conferimento Pambianco Award leQuotabili per la categoria vino.
Quali sono le tappe fondamentali che hanno consentito di raggiungere questo riconoscimento?
La nostra è un’azienda storica che affonda le sue radici nella produzione vitivinicola da oltre sei secoli. Una lunga tradizione che però non ci ha mai trattenuto dal guardare sempre avanti con curiosità e lungimiranza, qualità che certamente hanno contribuito a portarci dove siamo adesso. Di tappe importanti in questa lunga storia ce ne sono state tante. Come non ricordare il nostro antenato Antonio Antinori che nel 1716 ha contribuito a identificare l’odierna denominazione del Chianti Classico, territorio che ci sta particolarmente a cuore e su cui oggi sorge la cantina Antinori nel Chianti Classico, inaugurata nel 2012. Tra tutti però, direi che il vero punto di svolta, non solo per la nostra azienda, si è verificato a inizio anni 70 con quel movimento oggi conosciuto come “Rinascimento” del vino italiano che ci ha visto tra i protagonisti, prima con la nascita del Tignanello nel 1971 e poi con quella del Solaia nel 1978. Un cambio di passo epocale nella viticoltura e nell’enologia italiana che ci ha fatto rendere conto come non solo in Toscana ma in tutta Italia ci fosse un altissimo potenziale vitivinicolo ancora inespresso.
Il modello de leQuotabili la ritiene una società con capacità di raccogliere capitale in Borsa. Cosa ne pensa dell’opportunità di aprire il capitale della società?
Riteniamo che per la nostra azienda, basata sulla viticultura, su tempi lunghi e crescita sostenibile, la quotazione in Borsa non sia una priorità. Abbiamo infatti scelto nel 2012 di conferire tutta l’azienda in un trust italiano, indivisibile almeno per i prossimi 80 anni.
Come si è chiuso il 2022?
I primi tre trimestri del 2022 ci lasciano pensare che i risultati per l’anno saranno positivi, migliorativi rispetto agli obiettivi che ci eravamo dati anche in considerazione delle difficolta di questi tempi.
Come vede la sua azienda nel 2023?
Il 2023 sarà ancora un anno di resilienza in cui dovremo continuare a fronteggiare le difficoltà e le incertezze dettate dall’andamento imprevedibile della situazione geopolitica ed economica globale. Se però guardiamo ai mesi passati, durante la pandemia, l’azienda ha dimostrato una buona capacità di adattamento, affrontando le difficoltà con coraggio e la voglia di guardare lontano, nonostante tutto. Il percorso tracciato in questi anni, grazie alle linee guida aziendali, non si ferma; per questo vediamo una positiva e costante crescita organica, volta alla valorizzazione e continuo sviluppo della qualità di tutti i nostri vini, sia quelli provenienti dalle nostre tenute storiche che da quelle tenute più giovani.
Quali sono le sfide che il mondo del vino si ritrova ora ad affrontare?
In questi ultimi anni abbiamo visto il clima diventare sempre più estremo, quindi una forte attenzione andrà messa sulla viticoltura per mitigarne gli effetti. La gestione delle acque avrà sempre più importanza cosi come una maggiore indipendenza energetica. Su questi punti, come su tanti altri, il mondo del vino italiano avrà bisogno di una forte sburocratizzazione. Un altro tema molto sensibile è rappresentato dalla forte pressione salutista a livello europeo, che purtroppo ha preso una strada ideologica che tende a non distinguere tra uso e abuso. Il vino italiano ha poi bisogno di una più efficace protezione legislativa da parte dell’Europa per evitare di essere svilito e copiato.