Non solo grandi numeri: la Gdo offre alle cantine la possibilità di dialogare in modo diretto con i consumatori e di crescere in chiave omnichannel. A livello strategico, prevalgono la spinta premium e la scelta di portare in questo canale delle etichette dedicate
Da ancora di salvezza a canale strategico. Nonostante l’inevitabile flessione post-pandemica, figlia di un ‘liberi tutti’ che ha reindirizzato le persone al consumo fuori casa, la grande distribuzione sta dimostrando la sua strategicità nelle scelte delle cantine. Un’equilibrata esposizione sui diversi canali (Horeca, online e, appunto, Gdo) non solo mitiga gli effetti di certi stravolgimenti straordinari (vedi alla voce lockdown), ma tende un filo di dialogo diretto tra azienda e consumatore.
VERSO LA FASCIA PREMIUM
Se ne è resa conto Montelvini, cantina da 28,5 milioni di euro di ricavi con sede nella Docg Asolo Montello. “La nostra idea – spiega a Pambianco Magazine Wine&Food il CEO Alberto Serena – è crescere in Gdo, ma in maniera graduale”. Prima della pandemia il canale generava il 15% dei ricavi, percentuale che ha toccato quota 30% nel 2020. Oggi, con un valore di circa il 20%, il player veneto conta di innalzare l’incidenza – riportandola al 30% in quattro anni – tramite una politica di premiumizzazione. Nella grande distribuzione, Montelvini è presente con Roccarossa, marchio che si colloca nella fascia media/entry-media, e con Plumage, fresca di rebranding. Nello specifico, il restyling, avvenuto proprio quest’anno, ha coinvolto il design, il packaging e il concept, rivisti all’insegna della sostenibilità grazie all’utilizzo di etichette di carta certificata Fsc. Con l’obiettivo di puntare a un posizionamento premium in questo canale, l’azienda di Asolo sta progressivamente riducendo i volumi di Roccarossa, a fronte di una maggiore esposizione di Plumage, il cui prezzo di uscita parte da un minimo di 6,5 euro per il Prosecco Doc fino a circa 8-9 euro per un Asolo Docg, contro la media mercato rispettivamente di 3 e 5 euro circa. Non a caso, il -16% a volume e il -5% a fatturato che l’azienda sta registrando quest’anno in Gdo dipende prevalentemente dalla forte riduzione di Roccarossa. Quest’ultima è arrivata a rappresentare il 50% dell’impronta di Montelvini in Gdo, con volumi sostanzialmente stabili e un fatturato in crescita. “Ciò – spiega Serena – significa che abbiamo perso sull’entry level mentre il nostro marchio di punta cresce ed è in salute”. A livello distributivo, “non ci interessa una presenza a pioggia, bensì cerchiamo di entrare in insegne selezionate, in media due o tre realtà nuove l’anno”. Attualmente, per quanto riguarda il mercato Italia, “siamo presenti principalmente nel nord-est e in parte del nord-ovest, molto meno nel centro e al sud in quanto non siamo in grado di fare volumi enormi. All’estero lavoriamo soprattutto con i Paesi scandinavi, nelle cui insegne hanno posizione privilegiata i vini forti di certificazioni ambientali”. La pandemia ha ‘gonfiato’ anche il portafoglio off-trade di Fantini, gruppo da 91 milioni di euro che riunisce 12 realtà enologiche del sud e centro Italia e che esporta oltre 28 milioni di bottiglie in 90 Paesi. In Europa, a fine 2019, il canale Gdo generava il 30% dei ricavi e valeva 23,5 milioni, passati a oltre 37 milioni a fine 2021. “Nei mesi immediatamente successivi – spiega Giulia Sciotti, responsabile marketing Fantini Group – si è registrata una lieve inversione di tendenza (dovuta alla riapertura dei ristoranti) che ci ha consentito di tornare a presidiare i canali tradizionali (Horeca), dove la nostra penetrazione era più forte, pur mantenendo una consistente presenza nei canali Gdo favoriti dai mesi di pandemia”. L’obiettivo della cantina è “puntare su una strategia di premium con prodotti di fascia medio alta e soprattutto ampliare il numero di referenze offerte”. Quando l’azienda è entrata per la prima volta in Gdo, gli sforzi commerciali erano concentrati sui vini rossi, “facendo leva sulle denominazioni più conosciute”. Successivamente “abbiamo iniziato a educare il consumatore anche ai bianchi e ai rosati ottenuti da vitigni autoctoni meno conosciuti. Soprattutto con l’introduzione dei vini rosati, con il colore molto pallido e la nota aromatica decisa, abbiamo creato uno stile molto vicino ai consumatori più giovani”. Le etichette presenti in grande distribuzione cambiano a seconda dei Paesi, fatta eccezione per alcune che sono ricorrenti, come per esempio: Zolla Primitivo di Manduria Doc e Leggenda – Vigne Vecchie Primitivo di manduria Dop. Chi, da sempre, riveste un posizionamento premium in Gdo è Mionetto, parte del gruppo Henkell-Freixenet dal 2008, per il quale, già nel pre-pandemia, questo canale “era un punto focale per l’azienda e, ad oggi, è considerata una priorità di rilievo”, spiega Robert Ebner, chief sales officer e management board executive di Mionetto. Nel 2021, il 60% dei 104 milioni di euro di ricavi (+22%) è stato generato dalla grande distribuzione e il restante 40% dall’Horeca. “In questa percentuale non c’è ancora la piena espressione dell’Horeca che potrebbe tornare quest’anno ai livelli pre-Covid”, puntualizza Ebner. “Ma riteniamo comunque che, nonostante il riallineamento dei numeri Horeca, la Gdo, dopo aver dimostrato negli ultimi due anni questa dinamicità, rimarrà al di sopra dei livelli pre-pandemici”. Con l’obiettivo “di essere presente ovunque e di raggiungere capillarmente il consumatore finale” l’azienda punta “a incrementare il libero servizio nel canale superette dove, attualmente, non sfruttiamo appieno il potenziale di un brand come Mionetto”, specifica Ebner. Proprio in occasione dell’ultimo Vinitaly, Mionetto ha presentato il restyling della linea premium Mo Collection, destinata appunto a questo canale.
TOUCHPOINT PRIVILEGIATO CON IL CONSUMATORE
Oltre all’opportunità di far leva sui grandi numeri, il canale della grande distribuzione offre un dialogo diretto con il consumatore finale che, senza intermediari, sceglie dallo scaffale l’etichetta più congeniale. Come raccontato da Luca Devigili, business development manager di Banfi, “abbiamo capito che, se opportunamente gestito e con specifici partner, questo canale può solo fare del bene all’azienda e rappresenta un touchpoint privilegiato con il consumatore”. La pandemia ha infatti accelerato un cambio di modello verso l’omnicanalità, con un conseguente maggiore equilibrio tra canale on e off-trade. Ad oggi Banfi vede un rapporto 70/30 tra Horeca e Gdo “che crediamo sia giusto per il nostro brand e il nostro posizionamento”. In Italia, così come negli Stati Uniti, si godeva di questo equilibrio anche prima della pandemia. Con quest’ultima, la cantina di Montalcino ha deciso di riequilibrare la propria presenza anche in altri mercati – quali Svizzera, Inghilterra, Germania, Austria, Benelux – dove in precedenza la bilancia pendeva decisamente a favore dell’Horeca. Ad oggi, l’azienda da 59 milioni di ricavi nel 2021 è presente in Gdo con “un portafoglio ampio, che ci consente di coprire diverse fasce prezzo e con azioni adeguate agli specifici posizionamenti. Competiamo nel mass market con la linea Centine fino ad arrivare ai prodotti più iconici come Rosso di Montalcino e Brunello di Montalcino leader nelle rispettive categorie”. In Italia, la distribuzione è “capillare in quasi tutte le insegne con cui siamo riusciti a costruire una partnership collaborativa. Come obiettivo vogliamo migliorare la nostra presenza nel nord-est e nel sud”. Non solo, le etichette presenti nella grande distribuzione – Col di Sasso, Le Rime, Linea Centine (rosso, bianco e rosé), Badalei, Banfi Chianti Docg, Banfi Chianti Classico Docg e Banfi Chianti Classico Riserva Docg, Castello Banfi Rosso di Montalcino e Castello Banfi Brunello di Montalcino – oltre a rappresentare “il cuore del nostro portafoglio nel canale moderno in Italia e negli altri mercati”, sono anche presenti in Horeca e online, “con un corretto posizionamento di prezzo”, conclude Devigili. Un approccio, quello di Banfi, che si discosta quindi dagli altri precedentemente citati che scelgono invece di destinare alla Gdo etichette appositamente dedicate. Fantini, per esempio, come spiegato dalla stessa responsabile marketing Giulia Sciotti, fa “molta attenzione a diversificare l’offerta con delle etichette che abbiano un’immagine dedicata esclusivamente alla grande distribuzione”, canale che, per l’azienda, “garantisce un risultato e una capillarità in termini di brand awareness molto ampia”. Pur con l’idea di mantenere il proprio focus sull’Horeca, che pesa per la grande maggioranza dei ricavi (ad oggi il 96% di 84 milioni di euro), anche Serena Wines 1881 riconosce il plus, proprio della Gdo, “di offrire uno sbocco diretto verso il consumatore”, come spiega l’AD Luca Serena, in grado di far “vedere che siamo un’azienda trasversale, presente in ogni canale”. Certamente, a ogni pro spetta un contro, che nel caso dell’azienda di Conegliano si misurano con il posizionamento. In qualità di “azienda arrivata in ritardo rispetto ai competitor, ci serve una strategia per posizionare il brand nelle insegne con cui collaboriamo”. L’approccio a questo canale è stato storicamente “passivo, evolutosi ad attivo durante la pandemia fino al proattivo di oggi”. Ad oggi Serena Wines 1881 è un’azienda da quasi il primo prezzo sugli spumanti, ma “seguiamo una strategia per migliorare il posizionamento tramite qualità di prodotto e packaging”. Con le etichette Costaross, Serenello e il marchio Le Calleselle per il gruppo Pam Panorama, l’azienda è presente nell’area Nielsen 2 e 1. “Gli obiettivi – conclude Serena – sono quelli di espanderci nelle insegne di quest’area”.