Il Consorzio di tutela del Garda Doc – la cui denominazione coinvolge 250 produttori, di cui circa 40 associati che pesano per il 60% sulla produzione totale – investe nella promozione del territorio attraverso diversi progetti. Tra questi, la c’è la ‘Carta dei Suoli’, un lavoro dedicato a mappare la “pedodiversità” dell’area vitivinicola che copre i comuni italiani di Brescia, Mantova e Verona.
“Questo documento rappresenta un punto di arrivo di diversi studi promossi dal Consorzio negli ultimi anni, a testimonianza del continuo impegno e investimento di Garda Doc nel campo scientifico”, ha dichiarato il presidente del Consorzio Garda Doc Paolo Fiorini. “Ho coniato il termine ‘pedodiversità’ – aggiunge il pedologo specialista Giuseppe Benciolini – per esprimere al meglio ciò che costituisce l’aspetto più caratterizzante della denominazione Garda Doc, ovvero la sua sorprendente varietà di suoli. Questo territorio, infatti, racchiude al suo interno diversi tipi di suolo che derivano dalla grande varietà di processi geologici e di modellamento geomorfologico che hanno interessato il continente negli ultimi 200 milioni di anni.” Attraverso questa carta i soci produttori possono studiare e analizzare il terreno di riferimento della denominazione, comprendendone confini e caratteristiche.
Oltre a questo progetto, il consorzio ha organizzato quattro uscite (ogni giovedì) sulla Motonave Zanardelli all’interno della quale, navigando sul Lago di Garda, le cantine dei soci produttori si alternano per promuovere e far conoscere i propri prodotti al pubblico.
“La spumantistica è un progetto, la produzione dei varietali è una realtà”. Così il direttore del consorzio Carlo Alberto Panont commenta il percorso di crescita della denominazione. “Oggi c’è una risposta pronta sui varietali, mentre la spumantistica rimane un progetto ambizioso in essere che stiamo sviluppando”. La Doc, nata nel 1996, ha introdotto la tipologia spumante nel 2016, con le prime basi spumantistiche, per poi cominciare con la prima vendemmia nel 2017. Insieme ai vini fermi, il territorio prduce poco più di 150mila ettolitri certificati, pari a circa 20 milioni di bottiglie l’anno che provengono da un areale che può contare su 31mila ettari vitati.
L’export pesa per il 70% sulle vendite del consorzio, toccando “tutto il mercato europeo, specialmente il nord, Uk, il territorio russo e quello americano, ancora però da sviluppare propriamente”, commenta Panont. Riguardo a nuovi mercati come l’Asia-pacifico, “il nostro focus dipende molto dagli obiettivi delle nostre aziende, perché ci muoviamo in base alle loro necessità e cerchiamo di creare sinergie dove desiderano accedere. Per ora in Asia la richiesta non c’è”, aggiunge Fiorini.
Per quanto riguarda l’enoturismo, “questa zona potrebbe diventare una delle più sviluppate al mondo, ma c’è ancora tanta strada da fare per creare un sistema collegato e coordinato tra tutti i player, che funzioni”, conclude Panont. Comunque, da qui “ai prossimi 20 anni è una logica che può aprire le porte a sistemi ancora più grandi di quelli che abbiamo. L’Italia è un Paese maturo dal punto di vista vitivinicolo e ora è arrivato il momento di coordinare le varie filiere e investirci”.