In tempi di turbolenza dei mercati, con l’estrema volatilità di equities e materie prime, i beni rifugio rappresentano una scelta strategica e il segmento dei fine wines si conferma sempre più attrattivo. Guardando l’ultimo report sul Q3 dell’indice Liv-ex Fine Wine 50 (che traccia le fluttuazioni di prezzo giornaliere del Bordeaux First Growths) risulta infatti immediatamente evidente una stabilità delle quotazioni dei vini pregiati in comparazione agli andamenti di altre linee di investimento.
Nell’arco del 2022, l’indice generale Liv-Ex 100 è in rialzo dell’8,11% (con picchi del +27,6% per la Borgogna e del 22,28% per lo Champagne) e questo in un momento in cui la maggior parte dei mercati convenzionali ha subito una contrazione.
Mentre infatti il mercato azionario globale ha vissuto il periodo luglio-settembre sulle montagne russe, chiudendo con un trend nettamente ribassista (per i prezzi dell’energia, l’aumento dei tassi di interesse e l’incertezza geopolitica), trimestre su trimestre il Liv-ex Fine Wine 50 è aumentato ‘solo’ dell’1,3%, ma anche questa modesta performance è stata sufficiente per vederlo sovraperformare l’azionario e le materie prime.
In questo scenario, la spinta sui prezzi degli ultimi mesi ha rafforzato la domanda di asset con una bassa correlazione con i trend inflazionistici e dunque anche dei fine wines.
“La crescita impetuosa degli anni scorsi ha visto un rallentamento medio – ha confermato dall’evento Be.come a Siena Justin Knock, Master of Wine e direttore wine della piattaforma specializzata Oeno Group – anche se continuano ad esser chiuse operazioni specifiche con valori straordinari. Quello che però oggi attrae non solo i collezionisti, ma anche investitori ‘istituzionali’ è la tenuta del valore dei vini che entrano negli indici. Oggi sempre più spesso i fine wines vengono integrati per una quota di portafoglio che si avvicina al 5 per cento”.
Andare ad accaparrarsi una bottiglia rara rappresenta un investimento per una ragione specifica legata al tempo. “Al momento del rilascio sul mercato primario i vini non sono al picco della loro espressione sensoriale – spiega il MW Gabriele Gorelli, intervenuto a Be.come – ed esiste una tendenza del mercato (importatori, ristorazione d’eccellenza, enoteche specializzate) a spostare il costo dello stoccaggio su altri punti della filiera. Chi riesce ad accaparrarsi etichette destinate a invecchiare e a ridursi di numero, avrà senza dubbio la possibilità di monetizzare l’attesa. È vero però che lo stoccaggio corretto di vini da invecchiamento richiede spazi attrezzati e costa non poco”. L’intervento di piattaforme come Oeno permette dunque al singolo investitore di non caricarsi di questi costi, ma di allocare liquidità nel comparto.
Anche per IG WInes, wine merchant basato in Uk, il paniere dei fine wines risulta fortemente interessante. “Confrontando la performance del paniere di IG Wines con il Ftse 100, il risultato è chiaro”, si evidenzia nel report sul Q3. “Nello stesso periodo, il Ftse 100 è diminuito dell’8,6% mentre il paniere dei vini pregiati è aumentato di uno sbalorditivo 50,55 per cento”.
Champagne e Borgogna sono le aree più performanti, ma tutti i broker internazionali confermano una crescita significativa anche del mercato dei vini pregiati italiani e nel portafoglio di IG Wines raggiungono le stesse percentuali di incremento della Borgogna.