Il cocktail in hotel diventa experience. Le venue dedicate al consumo di bevande si moltiplicano per ampliare l’offerta da proporre ai propri clienti, tra welcome drink personalizzati e prodotti in private label. Questo fenomeno rappresenta una delle trasformazioni più significative nel settore dell’ospitalità, dove gli hotel stanno reinventando il modo in cui il beverage viene percepito e vissuto dagli ospiti. Gli spazi dedicati, dunque, non sono più un semplice servizio accessorio, ma diventano parte integrante e fondamentale dell’esperienza di soggiorno, contribuendo a fidelizzare la clientela e incrementare le revenue.
L’HOTELLERIE INVESTE NEL BEVERAGE
Gli hotel hanno compreso “l’importanza della mixology come valore aggiunto per la propria offerta e stanno investendo in questa direzione”, ha commentato Giovanna Voltolini, exhibition manager di Hospitality-Il Salone dell’Accoglienza a Pambianco Wine&Food Magazine. Il bar, infatti, è stato per lungo tempo “confinato nell’ambito dei servizi ‘necessari’ all’interno degli hotel, mai del tutto sfruttato come elemento peculiare dell’ospitalità”. Ma il concept negli anni è cambiato. Oggi se ne riconoscono i pregi, “diventando così un vero e proprio punto di forza che migliora e amplia la proposta”. Il Bulgari Hotel di Milano, primo albergo creato a marchio Bulgari nel 2004, ha sviluppato questo concept fin dalla sua fondazione. “La nostra struttura è stata progettata architettonicamente per mettere al centro l’esperienza beverage, articolata in aperitivi, cene o welcome drink personalizzati da noi”, ha dichiarato Goffredo Dell’Appennino, general manager del Bulgari Hotel Milano. “Il nostro bar, ad esempio, si apre a cerchio di fronte al giardino (con un dehors aperto da aprile a ottobre, ndr), permettendo ai clienti di sedersi intorno al bancone e osservare i bartender”. Per questi ultimi, la struttura ha investito in formazione in quanto “volevamo affinare le loro capacità e proporre un’offerta di qualità in carta”, composta sia da prodotti italiani che da una selezione di spirits internazionali, utilizzati per creare drink che seguono la stagionalità, oltre ai grandi classici della mixology. In generale, negli anni, “non abbiamo notato un cambiamento a livello di orari per i consumi, quanto piuttosto nella percezione del cocktail, che non viene più visto come un accompagnamento, ma al pari dell’offerta food (che in tutti gli hotel Bulgari del mondo viene seguita dallo chef Niko Romito, ndr)”, continua Dell’Appenino. “Oggi un consumatore va a ‘provare’ un bar, esattamente come prima accadeva esclusivamente per i ristoranti e, sulla base di questo fenomeno, abbiamo alzato l’asticella della nostra offerta beverage che punta sul massimo della qualità e dell’esperienza”. Per gli ospiti che soggiornano nelle suite in struttura, inoltre, viene offerto un “delivery cocktail”, che, affiancato da un set con un bicchiere personalizzato Bulgari creato dall’azienda Venini, viene recapitato direttamente in camera.
DIVERSE COCKTAIL VENUE
La centralità dell’offerta beverage negli alberghi si concretizza anche attraverso la diversificazione delle aree ad essa adibiti. Gli hotel vengono pensati “sempre più con ampi spazi comuni, flessibili, multifunzionali, ibridi: spazi per ristorarsi, consumare un pasto o bere un drink, per lavoro, per incontro, per piacere”, ha spiegato Giacomo Racugno, CEO dell’hospitality & foodservice del general contractor Augusto Contract. “Il processo di ibridazione in essere fra l’hotel e la città vede così spazi di hospitality fluidi e riconfigurabili, da workplace a lobby bar, fino a mixology e cocktail bar per una dimensione sociale e di utilizzo tutta nuova”. Ne è un esempio il The Gritti Palace, a Luxury Collection Hotel, di Venezia che articola la propria proposta beverage costellando l’hotel con diverse venue. Riva Lounge è la terrazza bar che si affaccia sul Canal Grande, da cui partono tour privati in barca grazie a una partnership con il cantiere navale Ferretti Yachts, affiancata dal cocktail bar d’albergo Bar Longhi. Per la cena ci si sposta al Club del Doge, il ristorante che propone un’offerta più formale, con una carta cocktail e vini e un team di sommelier a disposizione. “Il ristorante Club del Doge e Riva Lounge sono le venue prese maggiormente in considerazione dai nostri ospiti – spiega Domenico Pellegrino, food & beverage director dell’hotel -, anche se la terrazza esterna è la location preferita”. In generale, il beverage pesa per il 40% sul fatturato f&b dell’albergo – di cui il 13% deriva dal ristorante e il 23% dal bar – e circa il 9% su quello totale, e “continuiamo a investirci”. Dallo scorso novembre, infatti, “stiamo lavorando insieme al management per sviluppare ancora di più questo segmento. Nello specifico, abbiamo investito su un team di sommelier professionisti che, insieme a me, seguono tutta la divisione beverage”. Infatti “la nostra carta vini, che oltre alle grandi cantine blasonate riporta un’attenzione ai prodotti del territorio veneto e dintorni, è in continua evoluzione, integrata periodicamente con nuove etichette”.
PERSONAL (E LOCAL) BRANDING
Proprio l’interazione con il territorio e le sue realtà è un altro fenomeno che caratterizza l’offerta beverage negli hotel. “Sono molti gli hotel che affidano ad esperti mixologist lo sviluppo di una carta cocktail originale o creano sinergia con le realtà artigianali del territorio (come piccoli birrifici, cantine, laboratori) per offrire un’esperienza autentica”, aggiunge la manager di Hospitality Giovanna Voltolini.
In termini di sinergie, si ricordano, per esempio, quella tra l’Hassler di Roma e la cantina Poggio Mandorlo per la vendita di vini in private label all’interno dell’albergo e quella di Four Seasons Milano con la distilleria Levi che ha dato vita a Stilla Gin, il quale prende sì il nome da ‘Stilla’, il bar dell’albergo nel cuore del quadrilatero della moda meneghino, ma utilizza quattro botaniche valdostane (quelle di Levi appunto).
‘Chi fa da sé fa per tre’ è il motto seguito da Borgo Egnazia, che ha scelto di creare in house un proprio prodotto – l’Egnazia Vermouth Rosso – grazie agli ulivi di proprietà presenti in Puglia.
Il The Bar dell’hotel Aman Venice a Venezia, invece, ha voluto omaggiare Palazzo Papadopoli, edificio che ospita l’albergo, attraverso un’edita cocktail list. Questa celebra i sei diversi saloni della struttura interpretando l’elemento più caratterizzante di ognuno dei suoi spazi, dagli affreschi alle decorazioni.
POLO D’ATTRAZIONE PER CLIENTI ESTERNI
Può cambiare la venue, può cambiare la cocktail list, ma rimane il fatto che ai clienti esterni (che non soggiornano dunque in hotel) piace recarsi a bere in albergo, che sia per un aperitivo o dopo cena. All’Hassler di Roma, il cocktail bar è frequentato al 70% da una clientela esterna e al 30% dagli ospiti che soggiornano in hotel. Fenomeno simile accade per la terrazza Riva Lounge del The Gritti Palace, dove il 60% dei consumi appartiene a coloro che non dormono in struttura. La terrazza, nello specifico, “oltre che tra i turisti, è molto gettonata anche tra i local veneziani per la sua posizione, ma non solo. Una nostra caratteristica interessante è che i barman nel tempo hanno mantenuto invariate le ricette dei cocktail tradizionali senza andare a stravolgere l’essenza e siamo riconosciuti per questo”, afferma Pellegrino. Lo stesso accade presso il Bulgari Hotel di Milano, dove, anche qui, la maggior parte dei clienti è esterna. “Abbiamo 61 camere quindi siamo un hotel molto piccolo e il successo che abbiamo dipende anche dal fatto che riusciamo ad attrarre clienti italiani, residenti o di passaggio, tanto quanto turisti stranieri che, magari, non soggiornano, ma vogliono provare la nostra esperienza. Questo è il nostro punto vincente”.
IT’S MOCKTAIL TIME
Spostando il focus sulle principali tendenze di consumo, emergono i mocktails o light-hearted cocktails. “Non basta più offrire il classico analcolico alla frutta, il consumatore ha cambiato gusti, ora desidera avere la stessa esperienza di un negroni, ma senza alcol”, conclude Domenico Pellegrino del Gritti Palace. “Le aspettative sono altissime, infatti abbiamo creato proprio all’interno del nostro menu una sezione dedicata ai mocktails”. Ad aver osservato lo stesso trend sono anche Roberto e Veruschka Wirth, rispettivamente presidente esecutivo e amministratore delegato dell’Hotel Hassler di Roma, e proprietari de Il Palazzetto adiacente all’Hassler, dell’Hotel Vannucci, di Borgo Bastia Creti in Umbria e di Parco del Principe in Toscana. “Oltre a un incremento nei consumi dei mocktails, abbiamo notato un generale aumento della richiesta di cocktail di qualità, come si evince osservando il numero di bar recentemente aperti a Roma”, ha dichiarato Roberto Wirth. Il beverage incide per circa il 7% del fatturato totale dell’hotel ed è distribuito tra diverse venue: Salone Eva, dedicato a una colazione di lavoro, un tea-time o una cena; l’Hassler Bar, al primo piano, che nella stagione estiva si apre al Palm Court, uno spazio outdoor circondato da un rigoglioso giardino; il fiore all’occhiello Imàgo, ristorante insignito di una stella Michelin nel 2009, collocato al sesto piano; e, infine, la terrazza ai vertici della struttura, “per cui abbiamo fatto un lavoro di restyling per riuscire a tenerlo aperto tutto l’anno”. E per l’intrattenimento dopo cena? “Mandiamo i clienti nella nostra struttura adiacente, ovvero Il Palazzetto, che ospita serate con dj sei giorni alla settimana”. Insomma, che sia attraverso operazioni di personal branding o l’utilizzo di diverse venue “il rito del cocktail si sta trasformando sempre più in una voce indipendente che incrementa i ricavi”, conclude Voltolini.