Un 2023 che chiude con il segno meno per il comparto brassicolo, delineando una filiera in difficoltà con l’inflazione che corre e i rincari di materie prime ed energia che erodono marginalità e potere d’acquisto. E il 2024, come sarà?
Per gli italiani la birra è il simbolo dello stare insieme e con il cibo realizza un binomio cerniera tra socialità e convivialità. Un legame che si è ulteriormente rafforzato dopo la fine dei lockdown e il ritorno alla normalità. Secondo una ricerca condotta da Nomisma, infatti, nel 2022 la birra è stata la vera protagonista del fuoricasa risultando la bevanda di qualità più richiesta nei locali (59%), davanti alle bollicine (39%) al vino bianco (38%) e al vino rosso (34%). La chiave del successo della birra è da ricercarsi, secondo i ristoratori, nella sua estrema versatilità durante le occasioni di consumo (40%) e nell’abbinamento a tutto pasto (24 per cento).
Il consumo di birra è anche un volano fondamentale per il comparto agroalimentare italiano e le eccellenze del made in Italy. Secondo Osservatorio Birra, la filiera della birra nel 2022 ha superato per la prima volta i 10 miliardi di euro di valore condiviso, realizzando un +9,2% rispetto al già ottimo 2021. A questo si aggiunga una crescita dell’8% degli occupati (che si attestano a quota 103mila lungo tutto la filiera), i 4,3 miliardi pagati al fisco (di cui 707 milioni di euro di accise) per dare la dimensione e il peso di un settore che contribuisce alla creazione del Pil del nostro Paese.
Inoltre, solo l’1,3% dei 10,2 miliardi circa di valore condiviso è ‘trattenuto’ dai birrifici, mentre il volano maggiore (6,80 euro per ogni euro venduto) si propaga in avanti nella filiera e verso lo Stato. Tra i maggiori beneficiari ci sono le aziende di distribuzione e della vendita a cui occorre aggiungere il fisco, gli enti previdenziali e non ultimi gli occupati lungo tutta la value chain e le loro famiglie.
2023: ANNUS HORRIBILIS?
È evidente, dunque, la grande preoccupazione del settore nell’analizzare i dati del 2023 che mostrano una inversione di tendenza rispetto al 2022, con un calo del valore condiviso di circa il 3%, pari ad una perdita di oltre 120 milioni di euro rispetto all’anno precedente (fonte Osservatorio Birra).
Come certifica AssoBirra, le vendite nei primi otto mesi del 2023 (ultimo dato a disposizione) sono calate del 6,6% rispetto allo stesso periodo del 2022 (da 11.478.966 hl a 10.728.522 hl), di pari passo con una decrescita pari al 7,4% dell’export nel primo semestre 2023 (da 1.865.640 hl a 1.727.522 hl). Mentre i rincari delle materie prime volano in doppia cifra: vetro (+40% nel 2022 e +20% nel 2023), malto d’orzo (+44%), mais (+39%) e alluminio (+20%). Immancabile l’effetto del climate change sulla filiera brassicola, con temperature in aumento che compromettono la qualità e quindi la disponibilità di malto d’orzo e di luppolo.
“A frenare l’andamento della birra nel nostro Paese – spiega a Pambianco Wine&Food Enrico Galasso, president & managing director di Birra Peroni – è stato un aumento generalizzato dei prezzi che ha ridotto il potere di acquisto e quindi i volumi di vendita, senza dimenticare gli aumenti ormai ‘strutturali’ dei costi di taluni fattori di produzione. Noi abbiamo registrato un +30% di crescita del costo dell’energia e di conseguenza anche del vetro senza dimenticare il malto (con punte fino a +40%) che per noi che siamo un’azienda a filiera tutta italiana, rappresenta un aggravio sui costi fissi dal quale non si può sfuggire”.
Teo Musso, owner di Baladin e considerato il padre fondatore del movimento della craft beer italiana, contempla nella sua analisi anche il periodo precedente.“I risultati negativi del 2023 vanno analizzati in ottica più ampia, per esempio nel confronto con il 2022 che è stato l’anno della ‘revenge’ rispetto al biennio del Covid. Sono stati 12 mesi clamorosi, la socialità ha ripreso il suo spazio in maniera prepotente, la voglia di tornare a consumare nel ‘fuori casa’ è stata supportata da un clima e da un meteo meravigliosi che hanno consentito numeri di vendita quasi inattesi. La frenata di quest’anno, dovuta in gran parte alla perdita di poter di acquisto del consumatore, deve far riflettere, occorre prendere coscienza che in un mondo globale tutto è correlato e che certi effetti negativi benché ciclici possono diventare strutturali ed è sulla base di queste tendenze che dobbiamo costruire i nostri piani futuri”.
Di diverso avviso è Luca De Siero, direttore generale Doreca Italia e consigliere Italgrob – l’unica associazione nazionale per il settore della distribuzione nel canale Horeca – la cui valutazione si discosta dalle precedenti pur partendo da una base comune. “È innegabile – spiega De Siero – che sul 2023 abbiano influito le spinte inflazionistiche e il maggior costo dei prodotti energetici. Ci sono stati, però, rincari sui listini dell’industria che sono arrivati anche a +25 per cento. Quando azioni di questo tipo vengono realizzate da 3-4 grandi gruppi che in Italia posseggono il 65-70% del mercato birra, può cambiare la percezione nel consumatore. La birra entra così in ‘competizione’ con altri prodotti legati al fuori casa come la mixology e il vino stesso e questo non può che sfavorirla in termini di richiesta e di volumi di vendita. Come consigliere Italgrob credo sia fondamentale aprire un tavolo di discussione con l’industria per far comprendere questo fenomeno e l’effetto negativo sulle vendite di ulteriori rialzi dei prezzi nel prossimo anno”.
I RISULTATI
“Dopo uno strepitoso 2022 (+18% rispetto al 2019) chiuderemo il 2023 con un +8% e la cosa ci rende molto orgogliosi”, afferma Teo Musso a proposito dei conti di Baladin. “Considerando che il 94% del nostro fatturato è costituito dal mondo Horeca, dal canale diretto e da alcuni grandi clienti, mentre il restante 6% si divide tra e-commerce (4%) e off-trade (2%), non possiamo che legare le nostre performance alla reputation del brand che si posiziona ovunque come categoria premium. Non abbiamo incrementato i prezzi in questi due anni e questo messaggio insieme alla nostra filosofia di brand che opera in modo sostenibile e con l’obiettivo di valorizzare un territorio, continua ad essere premiante sul mercato”.
“Il nostro fatturato si divide tra Horeca (55%) e canale moderno 45%”, spiega Enrico Galasso di Birra Peroni. “Il 2023 per noi è stato positivo con +14% a valore e una flessione sui volumi, soprattutto nel canale moderno, rispetto al 2022. Un asset fondamentale è rappresentato dall’export (42% a volume) che nei prossimi anni insieme al domestico ci dovrebbe garantire una crescita complessiva considerevole (+7%)”. Questo è in linea con il piano strategico iniziato nel 2020 condiviso con il gruppo Asahi, di cui l’azienda fa parte, che ha tra i principali obiettivi quello di puntare sulla comunicazione: già nel primo anno l’azienda aveva messo a budget un +30% in comunicazione rispetto all’anno precedente, oggi si attesta ad un +80% rispetto al 2019. “È fondamentale comunicare il valore di ciò che produciamo e farlo all’interno di un gruppo multinazionale aiuta a crescere e a sostenersi sul mercato nei momenti difficili”.
Il Gruppo Bernabei, storico distributore della capitale, da dieci anni ha puntato forte sull’online per diffondersi sul mercato nazionale integrando sinergie e strategie con i canali storici dell’azienda, il retail e l’horeca. Daniele Bernabei, quarta generazione alla guida dell’azienda e oggi general manager del gruppo conferma l’importanza degli investimenti nel digitale. “Abbiamo lanciato ad inizio 2023 la prima piattaforma digitale dedicata al settore Horeca. Il nostro e-commerce quest’anno ha realizzato un +40 per cento”. La birra è un portafoglio importante che vale almeno il 15% su un fatturato annuo intorno ai 70 milioni di euro. “Noi siamo da sempre focalizzati sui grandi brand brassicoli che sono maggiormente richiesti dai nostri clienti. Per ora non prevediamo un calo ma occorre che l’industria sia molto attenta alle politiche di pricing, evitando di innescare trend negativi difficili da invertire”.
2024: LE ACCISE E IL FUTURO
Se il 2023 era partito con il piede giusto almeno sotto l’aspetto della fiscalità – il Decreto Milleproroghe aveva scongiurato l’aumento delle accise a 2,99 euro per ettolitro e grado Plato, fissandolo per l’anno a 2,97 euro – il 2024 parte invece con l’handicap per il comparto, azzerando di fatto i benefici in vigore fino al 31 dicembre dello scorso anno.
“Purtroppo l’emendamento sulla stabilizzazione del taglio delle accise e le relative agevolazioni progressive per i birrifici artigianali fino a 60mila ettolitri, non è stato inserito nel testo finale della Legge di Bilancio”, afferma Alfredo Pratolongo, presidente di AssoBirra. “Una contingenza che si inserisce in un quadro generale di risorse scarse, in virtù del quale il Governo ha deciso di non accogliere emendamenti parlamentari, ma soltanto da parte dei relatori. Nell’ottica di preservare il più possibile la competitività di un comparto trainante dell’economia del nostro Paese, come quello birrario, AssoBirra si è attivata per chiedere l’inserimento nel Dl Milleproroghe, provando a riproporre quanto ottenuto nel 2023, ovvero una riduzione delle accise seppur non strutturale”.
Per un futuro della birra incerto si dovrebbe ripartire da un dato fondamentale: nel 2022 i consumi nazionali di birra hanno superato il record storico di oltre 35 litri pro capite per un totale di 2 miliardi di litri.