Sulla scia dei successi di Ornellaia e Sassicaia investire a Bolgheri è diventata una priorità. Lo hanno fatto Gaja, Banfi e per ultimo Ruffino. Ma ora i vigneti sul mercato sono sempre più rari.
Se una denominazione garantisce 150 milioni di euro in valore, e lo fa con una produzione di poco superiore alle 7,3 milioni di bottiglie, è naturale che i suoi vigneti e le sue aziende siano fonte d’attrazione per gli investitori. Se a questo aggiungiamo che i 72 soci del Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri Doc e Bolgheri Sassicaia Doc conducono la quasi totalità dei 1.365 ettari a disposizione, che rimarranno tali anche in futuro, ecco che la soglia d’attenzione si alza ulteriormente. E lo fa ancor di più considerando che Castagneto Carducci, a differenza di altre terre vinicole di prestigio, e non solo italiane, può offrire un contesto che non si limita solo ai filari, ma è fatto anche di arte e mare. Dettaglio sostenuto anche da Lorenzo Tersi, fondatore e CEO di Lt Wine & Food Advisory, quando spiega che “Bolgheri è una denominazione che fa sognare ed è nella lista di tutti gli investitori, perché oltre al vino ha una location che contribuisce a creare valore, qui tutto è intimo, incontaminato e i produttori sono stati bravissimi nel saper mantenere quello che hanno creato”. Per questo, al di là di fondi d’investimento e imprenditori vitivinicoli, anche le famiglie più facoltose, soprattutto internazionali, sono in attesa di riuscire a conquistare un trophy asset che già sarebbe importante di suo, ma che è ulteriormente nobilitato dalla presenza di vicini del calibro di Sassicaia e Ornellaia, “due grandissime icone che, grazie all’intuizione di Mario Incisa della Rocchetta e al grande lavoro di Giovanni Geddes Da Filicaja, hanno reso Bolgheri una delle aree geografiche a maggior valore aggiunto”. A fiutare l’opportunità, a tempo debito, è stato Angelo Gaja, che nel 1996 è riuscito a conquistare qualche decina di ettari (oggi sono 80) e a fondare Ca’ Marcanda. Come lui, e tra gli altri, anche Zenato e Allegrini hanno deciso di investire all’ombra dei cipressi. Perché ciò che viene prodotto da questa denominazione continua ad avere successo, e lo avrà anche in futuro, come in parte possono spiegare le performance ottenute sul Liv-ex 1000 del mese di settembre (ultimo disponibile al momento della stampa, ndr). Sul listino, infatti, le cantine di Bolgheri hanno segnato movimenti positivi, guidate da un Sassicaia al +9,3 per cento. Per contro, il Bordeaux Legends 40, ha segnato una flessione dell’1,4 per cento. E a proposito di francesi, come fa notare Lorenzo Tersi: “Bolgheri ha più o meno la stessa dimensione di Pouillac, produce più o meno la stessa quantità di bottiglie e anche il numero di produttori è abbastanza simile”. Inoltre, come i cugini d’Oltralpe, “i suoi vini sono diventati un asset strategico nel portfolio prodotto di chi ambisce a un ruolo nel mercato dell’alto di gamma”.
Corsa alle m&a
Ecco allora, che nel passato recente, qualcosa si è inevitabilmente mosso nella compravendita di cantine e vigneti. L’ultima operazione in ordine cronologico è di qualche settimana fa, quando Berlucchi, per celebrare i vent’anni della sua Caccia al Piano, ha acquistato cinque ettari per la produzione di Igt in località Le Bozze, portando così il totale di proprietà a 29,5 ettari. Nel mese di marzo, invece, è stata Ruffino (di proprietà di Constellation Brands) a rilevare 15 ettari, quattro dei quali sulla via Bolgherese e undici a Le Sondraie, con l’obiettivo di creare una nuova etichetta il cui debutto sul mercato è atteso nel 2025. Andando a ritroso, nel mese di dicembre 2022, Tenuta Sette Cieli, con una prima acquisizione di due ettari e un successivo impianto di 1,4 ettari, ha raggiunto una superficie totale di 18,5 ettari, mentre il gruppo Bonacchi ha rilevato, per una cifra stimata in 2,5 milioni di euro,
La Cerretella e i suoi quattro ettari di vigna. A maggio, invece, Frescobaldi, che già controlla Ornellaia e Masseto, per un cifra di poco superiore ai 9,3 milioni di euro, ha portato in seno al gruppo anche Podere Arundineto e i suoi 12,8 ettari, 10,3 dei quali a Bolgheri Doc. E non è tutto, perché a ingrandirsi sono state anche Tenuta Campo al Mare di Ambrogio e Giovanni Folonari, aggiungendo nove ettari ai 30 già di proprietà, e Guado al Melo di Michele Scienza, figlio di Attilio, che è riuscito a ottenere altri sei ettari portando così il totale a 21. E ancora, sempre nel corso dell’anno, Campo alla Sughera, realtà della famiglia tedesca Knauf, ha rilevato un paio di ettari confinanti arrivando a quota 22, mentre Collemassari Wine Estates, appartenente a Tipa-Bertarelli, ha aggiunto altri cinque ettari da destinare alla produzione di Grattamacco. Qualche mese prima, invece, Bell’Aja, azienda di proprietà dell’Agricola San Felice, che a sua volta è controllata dal Gruppo Allianz, ha acquisito Batzella, azienda da 7,5 ettari vitati fondata nel 2000 da Khanh Nguyen e Franco Batzella. Qui il progetto prevede l’impianto e lo sviluppo di altri 3,5 ettari di nuovi vigneti in terreni già di proprietà. E all’appello mancano ancora, ma un po’ fuori traccia, Banfi, che quest’anno ha portato in cantina la prima vendemmia frutto dei 10 ettari di terra nuda presa in affitto nel 2019, produzione che si somma a quella dei cinque ettari acquistati nel 2013. Quindi l’investimento da 15 milioni di euro di Abfv Italia, che a ottobre 2024, nella ex cava di Cariola, dovrebbe vedere ultimata la nuova casa della sua Tenuta Meraviglia, realtà da 34 ettari che fa il paio con l’altra, e ancor più grande, proprietà del gruppo: Tenuta le Colonne, che di ettari a disposizione, invece ne ha 59.
Il futuro di un territorio
Per quanto riguarda il futuro, ed escludendo i grandi attori, è necessario partire dal frazionamento del territorio, per questo, sottolinea Lorenzo Tersi, “di fatto, oggi a Bolgheri, le iniziative più frequenti, e lo saranno probabilmente anche in prospettiva, sono quelle nate per esigenze di estensione, perché la caccia all’ettaro è sempre aperta”. Detto questo, e ben sapendo che molte operazioni potranno verificarsi solo in casi di passaggi generazionali, “dobbiamo anche precisare che di fatto le vigne della denominazione sono poche e sono poco scambiate, ragione per cui i prezzi consolidati a ettaro sono nell’ordine dei sei/settecento mila euro per salire anche a novecentomila per gli appezzamenti più piccoli”. Inoltre “dobbiamo considerare che le dinamiche di compravendita sono anche regolate dai diritti di prelazione dei confinanti”.
In conclusione, e sapendo che Bolgheri “ha ampi margini di consolidamento, anche in annate complesse, perché è un vino sempre buono e che, pensando alla musica, mi conduce a un pop sofisticato come quello di Peter Gabriel”, nell’immediato “sono certo che ci saranno transazioni di assestamento o estensioni di operatori già presenti a Castagneto Carducci. Il grande investitore che arriva da fuori con un’offerta di quelle irrinunciabili per ora ancora non lo vedo”, conclude Tersi.