La moda non si limita al core business – la produzione di vestiti e accessori – ma struttura una brigata di cucina fissa per accogliere al meglio personale interno e clienti esterni. E così il cibo diventa espressione della filosofia aziendale e del proprio saper fare.
Che alla moda piaccia il cibo è ormai evidente. Partito dalle collaborazioni extra settore (vedi, per esempio, Msgm e Pasticceria Cucchi e i Baci Perugina firmati Dolce & Gabbana), il fashion negli ultimi anni ha ingranato la marcia attuando una trasformazione in chiave lifestyle che lo ha portato tanto a investire nella ristorazione (vedi la famiglia Ruffini di Moncler con Langosteria e Concettina ai Tre Santi e il Gruppo Prada con Pasticceria Marchesi), quanto a inaugurare ristoranti a marchio (The Bar at Ralph Lauren, adiacente alla boutique di Milano, e la Gucci Osteria, per citarne un paio). Il food è quindi diventato un asset strategico dell’universo moda che lo utilizza sia come volano del proprio brand sia come prova del nove del proprio saper fare. E infatti, senza dar vita a strutturati progetti business-to-consumer, c’è chi la ristorazione la crea, internamente, per compiacere dipendenti e clienti b2b.
VALORE AGGIUNTO A 360°
È il caso di Autry. “Tutto nasce dalla mia passione per la cucina – racconta a Pambianco Wine&Food Marco Doro, founder di Autry International, società a cui fa capo l’omonimo brand di sneakers e casualwear – che, condivisa dai ragazzi che lavorano con me, veniva inizialmente coltivata durante i momenti di pausa, quando ci mettevamo a cucinare tra di noi nel nostro headquarter di Dolo, comune in provincia di Venezia”. Provvidenziale, poi, è stato l’incontro con il giovane chef Davide de Lazzari che, insieme a un sous chef e a un coordinatore di sala, compone oggi la brigata di Osteria Autry. Quest’ultima è aperta tutti i giorni sia per alcuni lavoratori della sede centrale (l’azienda è al lavoro per espandere il servizio a tutti i dipendenti che attualmente sono circa 105) sia per i clienti ospiti del brand ed è il centro operativo da cui partono le pietanze destinate agli showroom temporanei di Parigi e Milano dove “siamo arrivati a ospitare 1.800 persone in un mese e mezzo”. Molte delle materie prime utilizzate sono inoltre prodotte in house: le primizie provengono dall’orto dello chef, così come le uova dal suo pollaio. Per altri prodotti, invece, Autry si affida a fornitori veneti di fiducia. “Non si tratta solo di una passione nei confronti della cucina, ma dell’ospitalità nel suo complesso”, dice Doro. “Miriamo a creare un’azienda internazionale e riuscire a trasmettere la cultura veneta e italiana anche attraverso il cibo ci dà molta soddisfazione. Ci siamo infatti resi conto che comunicare ai clienti attraverso la tavola è avvincente perché il partner con cui ti raffronti capisce subito che hai valori sani in termini non solo di azienda ma anche di vita”.
Passione per la cucina e attaccamento al territorio è la ricetta condivisa anche da Kiton, brand napoletano di abbigliamento di lusso. “Tutto è nato perché ci piace mangiare: bene e in maniera semplice”, racconta il CEO Antonio De Matteis. “Pertanto, una volta acquistato il palazzo in via Pontaccio a Milano, divenuto sede della nostra azienda, abbiamo deciso di dedicare uno spazio al cibo”. Quest’ultimo si chiama Trattoria da Rosetta, dedicato al ristorante in cui lo zio di De Matteis andava a mangiare prima che, nel 1991, venisse costruito il nuovo stabilimento ad Arzano (Napoli) provvisto di mensa. A Milano, Trattoria da Rosetta è aperta tutti i giorni per i dipendenti – che sono una decina – e per i buyer e clienti di Kiton che transitano dalla sede per appuntamenti. “Spesso – afferma De Matteis – questi ci chiedono di venire a mangiare per il solo gusto di farlo, e quindi senza che ci sia collegato un appuntamento di lavoro. è una cosa che ci riempie di orgoglio perché vuol dire che stiamo facendo un bel lavoro”. All’interno di Rosetta lavorano lo chef Ciro Tecchio, il sous chef Eduardo Moles e tre camerieri in sala. La materia prima è fresca e arriva da Napoli e tutto è cucinato sul momento. Una macchina oliata in grado di arrivare a servire, in tempi di campagna vendita, tra i 70-80 coperti al giorno. “Tramite questo spazio vogliamo far capire ai nostri clienti e buyer la filosofia dell’azienda”, afferma De Matteis. “Noi ci basiamo sulla qualità che è parte integrante del nostro ristorante e del nostro core business, l’abbigliamento. Riuscire a fornire un servizio ottimale anche con Rosetta dà un valore aggiunto enorme all’intera azienda”. E infatti, “abbiamo ricevuto richieste da mall asiatici per inserire al loro interno il nostro ristorante”.
sinergie healthy
Da Yamamay, brand che fa capo a Pianoforte Holding, gruppo italiano da 250 milioni di euro nel 2022, a pranzo, in azienda, viene applicato il menu Diana, nato inizialmente per la prevenzione delle recidive del cancro al seno e oggi utilizzato anche per favorire il benessere e ridurre i radicali liberi. “Pensiamo – racconta Barbara Cimmino, head of Csr and innovation at Yamamay – che attraverso il cibo passi tutto il tema del benessere e della salute fisica ma anche il senso di cura e amore che nel nostro caso di azienda di famiglia si mette a disposizione di tutti, quindi dipendenti, clienti e buyer internazionali che vengono in visita da noi”. La mensa, che per ciascun turno ospita circa 140 coperti, ricorre al catering esterno Le Gourmet Catering di Tondini srl che fornisce una brigata fissa ed è utilizzata anche per gli eventi del brand. Vista la sua centralità nella vita quotidiana aziendale, la mensa è protagonista di collaborazioni esterne, tra cui quella con Mariscadoras, una startup e società benefit che, con il progetto Blueat, si impegna a valorizzare le potenzialità gastronomiche delle specie marine aliene, in modo tale da limitare l’impatto ambientale derivante dal sovrasfruttamento di quelle autoctone. Le fondatrici del progetto hanno quindi portato in azienda il granchio blu, lo hanno cucinato e ne hanno spiegato il valore proteico. “L’obiettivo – conclude Cimmino – è riuscire a introdurlo nella nostra mensa almeno una volta al mese”.