Sviluppo estero, acquisizioni, possibile quotazione. l’orizzonte di Poke House è ricco di opportunità che, con l’ingresso di Elisa Pagliarani in qualità di nuova DG, sembrano ancora più vicine.
Cento milioni di euro di fatturato nel 2022, nove Paesi presidiati, oltre 160 insegne. Sono numeri da capogiro quelli raggiunti in neanche cinque anni di attività da Poke House, catena fast casual di poke nata nel novembre 2018 dall’intuizione di Matteo Pichi e Vittoria Zanetti. Partito da Milano, oggi il gruppo è presente in Regno Unito, Olanda, Spagna, Francia, Portogallo, Romania, Austria e Stati Uniti, complici anche diverse acquisizioni strategiche e investimenti da parte di realtà quali Milano Investment Partners Sgr, Eulero Capital sgr, Fg2 Capital e Red Circle Investments. Raggiunte considerevoli dimensioni, Poke House ha quindi deciso di strutturarsi a livello manageriale assumendo, nel 2023, Elisa Pagliarani in qualità di suo primo direttore generale. Dopo essersi laureata nel 2013 in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano, Pagliarani ha lavorato prima in Vodafone e poi in Glovo Italia, dove è arrivata ad assumere la carica di general manager dell’azienda fino all’ingresso in Poke House. I prossimi step del gruppo? Espansione internazionale, consolidamento, nuovi prodotti e, perché no, la Borsa, come racconta a Pambianco Wine&Food Elisa Pagliarani.
Lei è entrata in Poke House a febbraio in qualità di primo direttore generale. Come è arrivata in azienda e quali sono gli obiettivi del suo incarico?
Io e Matteo Pichi ci conosciamo dai tempi di Glovo, realtà in cui sono entrata nel 2017 e dove Matteo rivestiva la carica di general manager. Dopodiché lui nel 2018 è uscito dall’azienda per fondare Poke House e io sono rimasta prendendo il suo ruolo. Ho quindi deciso di seguirlo anche in questa avventura in Poke House sia perché era la sfida che cercavo a livello personale e professionale, sia perché io e lui avevamo lavorato molto bene insieme e siamo complementari: Matteo è un imprenditore con una precisa visione strategica e aveva bisogno di una figura che lo potesse aiutare a fare il passo successivo, ovvero portare struttura e managerialità così da accelerare lo sviluppo del business.
Di recente Renzo Rosso con la sua Red Circle Investments ha guidato un nuovo round di investimento in Poke House, entrando inoltre nel board della società. Quali sono i progetti di sviluppo?
Siamo stati molto contenti di questo aumento di capitale sia perché i nostri storici azionisti – Mip, Angelo Moratti, Eulero Capital e Fg2 Capital – ci hanno confermato la fiducia, sia perché siamo riusciti ad attrarre un nuovo investitore quale Red Circle Investment, con cui vediamo un forte allineamento su tematiche chiave: sostenibilità, innovazione, gender balance. Inoltre, Red Circle ha un’esperienza multisettoriale e multi geografica, con un particolare focus negli Stati Uniti, mercato su cui noi puntiamo molto. Qui siamo presenti con una partecipazione nel brand Sweetfin che ha più di 20 store principalmente in California e abbiamo inoltre già due store store diretti a marchio Poke House a Miami e un terzo in apertura a settembre, e siamo già alla ricerca di altre location sia a Miami che nel resto del Paese.
Quali sono i Paesi in cui registrate il fatturato maggiore?
Attualmente sono l’Italia e il Portogallo, anche perché sono quelli in cui contiamo il maggior numero di store. Ma vogliamo portare allo stesso livello anche altri Paesi come Uk e Francia dove vediamo che il nostro business sta crescendo molto bene.
Qual è la strategia di Poke House con le realtà acquisite?
Noi vediamo le acquisizioni come uno strumento per accelerare la nostra presenza all’estero, soprattutto se rivolte a realtà solide – con un ottimo servizio e prodotto e quindi clienti soddisfatti – che garantiscono un ritorno più che positivo sull’investimento. Ne abbiamo già fatte cinque e in alcuni casi abbiamo optato per il rebranding della società acquisita, come per esempio in Portogallo e Uk; in altri, invece, manteniamo, per il momento, l’insegna rilevata, come in Austria con Honu Tiki Bowls; e poi ci sono Sweetfin e l’olandese Poke Perfect in cui al momento abbiamo solo una partecipazione che, in futuro, potrebbe essere soggetta a un consolidamento. La nostra strategia è quindi sempre un po’ mista e, in base al caso specifico, scegliamo quella che funziona di più.
Ci sono nuove acquisizioni in arrivo?
Abbiamo diversi dialoghi attivi con catene più o meno grandi, tra cui realtà fuori dalle macroaree in cui siamo presenti (Europa e Usa, ndr), ma attualmente non c’è nulla di concreto. È evidente che il nostro business è già molto diversificato e c’è quindi un tema di consolidamento e penetrazione che vogliamo portare avanti. Detto ciò, se dovesse esserci la giusta occasione non ci tireremo indietro.
Quali sono le location predilette per le nuove aperture?
Abbiamo una rete molto diversificata che è la chiave per avere un business che funziona. Per esempio, è molto importante riuscire a presidiare i migliori centri commerciali in quanto, nonostante il tema dell’affitto sia particolarmente rilevante, offrono buona visibilità e marginalità perché i volumi sono molto alti. È poi importante essere su strada nei centri urbani principali e in posizioni strategiche, così da far vedere il brand e ottimizzare la copertura delivery. C’è inoltre un tema di stagionalità: d’estate le persone tendono a stare in città e a mangiare fuori, mentre d’inverno vanno di più nei centri commerciali, e quindi avere un giusto posizionamento tra l’uno e l’altro ci aiuta a bilanciare le presenze. Il prossimo passo è cominciare a entrare sempre di più nel canale delle concessioni. A fine agosto abbiamo aperto uno store a Malpensa e stiamo lavorando per altre aperture in aeroporti e stazioni in Italia e in Europa.
Qual è il vostro rapporto con il franchising?
Ad oggi abbiamo solo un franchisee che ha 12 store con noi e ci stiamo trovando molto bene. L’esperienza è ottima anche se, al momento, limitata a un solo affiliato appunto. Per il resto siamo sempre andati in diretta, al netto delle acquisizioni, perché sia in Italia sia all’estero questo ti permette di conoscere meglio il mercato e di avere il pieno controllo su tutto, dalle materie prime al rapporto con i clienti. Detto ciò, adesso che abbiamo un certo tipo di esperienza e avendo sviluppato una logistica centralizzata, non escludiamo di poter utilizzare la formula del franchising per accelerare la penetrazione sui mercati.
Quanto incide, invece, il delivery?
Varia da Paese a Paese e da città a città. Diciamo che in generale le vendite digitali, e quindi tutte le vendite che passano da questi canali, incidono dal 20% al 35% del fatturato. Poke House, in Italia ma anche all’estero, è tra le catene che funzionano meglio in delivery. Siamo infatti riusciti a inserirlo al meglio nella nostra strategia di crescita e ad oggi abbiamo un ottimo bilanciamento tra online e in store.
Qual è ad oggi lo stato dell’arte del mondo poke?
In molti si sono chiesti se è un trend oppure no. La risposta è no. Pur essendo un fenomeno nato abbastanza di recente e molto in fretta, vediamo che è destinato a consolidarsi, come dimostrano i mercati più sviluppati quali Usa e Uk, in cui il poke è arrivato molto prima. Certamente, abbiamo notato il brulicare di tanti player mossi dalle apparenti barriere all’ingresso basse – un prodotto semplice che non richiede troppe lavorazioni – ma che poi si scontrano con marginalità tirate per la singola vendita e con un’altissima stagionalità che spesso portano a dover trovare un compromesso sulla qualità. Ma se quest’ultima viene a mancare, i clienti non tornano e la realtà è costretta a chiudere, da qui il concetto di consolidamento del settore. Noi non abbiamo mai fatto compromessi sulla qualità e questo ci ha ripagato facendoci diventare una delle più grandi catene sul mercato mondiale, con oltre 100 milioni di fatturato e più di 300mila utenti sui nostri canali online.
Continuerete quindi a fare solo poke o valutate anche l’espansione in altre tipologie di food?
Sicuramente il poke sarà sempre il nostro core. D’altra parte, l’innovazione fa parte del nostro Dna e quindi cerchiamo di aumentare l’offerta introducendo una nuova green bowl. Non si tratta di un prodotto sostitutivo, bensì di un’alternativa. Il concetto è sempre quello di avere una ciotola all’interno della quale mettere, in questo caso, una base di insalata e un grano semplice, a cui aggiungere diverse proteine. In tutto abbiamo introdotto 16 nuovi ingredienti che possono, tra l’altro, essere messi anche nei poke seguendo così la logica di introdurre una nuova linea potenziando, allo stesso tempo, anche il core. Abbiamo iniziato a fare dei test in alcuni store milanesi a partire da fine giugno e il riscontro è stato molto positivo. L’idea è portare la green bowl in tutti i nostri negozi a partire dalle grandi città fino alle più piccole e all’estero.
Avete inoltre iniziato il processo per diventare B Corp…
I temi della sostenibilità sono importantissimi per noi e infatti siamo società Benefit dallo scorso anno. Abbiamo già identificato la società di consulenza – Nativa Lab – per la prima fase di assessment e l’obiettivo è diventare B Corp entro i prossimi due anni. Stiamo però già lavorando sui temi della sostenibilità cambiando il packaging dei nostri prodotti, per far sì che siano 100% plastic free e riciclabili, investendo per lo smaltimento dei rifiuti in store e per l’educational lato cliente.
Valutate la quotazione in Borsa?
Internamente parliamo di quotazione, come si parla anche di mille altri scenari. Siamo estremamente ambiziosi e volti alla crescita. Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro e quale sarà lo sviluppo ma non nego che la quotazione sia una delle possibilità per garantire la continuità e la crescita del nostro business.