Negli Stati Uniti calano nei primi sei mesi dell’anno i consumi di vino, mentre salgono quelli relativi ai wine cocktail, grazie a una tendenza al rialzo di cocktail ready to drink a base enoica, in particolare nel fuori casa.
Nel primo semestre di quest’anno – secondo l’Osservatorio Uiv su base SipSource, strumento di monitoraggio che copre il 75% del mercato americano, per un totale di oltre 330mila esercizi commerciali – i wine cocktail emergono come unica voce positiva legata al vino, con una crescita tendenziale complessiva di oltre il 3% e con punte del +7% nel fuori casa, a partire dai ristoranti (+1,2%) ma soprattutto bar e altri locali, dove l’incremento registrato è in doppia cifra.
“Il fenomeno mixology – ha dichiarato Marzia Varvaglione, presidente Agivi (l’Associazione giovani di Unione italiana vini) – è sempre più evidente nel Paese antesignano delle tendenze globali. Il vino in questo contesto può giocare un ruolo centrale, per questo serve un approccio ‘pop’ e inclusivo nei confronti di una categoria del lifestyle che interessa soprattutto i giovani, quelli che domani apprezzeranno il nostro prodotto per le sue caratteristiche più intrinseche”.
Secondo l’Osservatorio Uiv, a perdere quota sono soprattutto i consumi complessivi di vino in casa (-8,2%), con i rossi a -9,6 per cento. Meno marcata la decrescita nel fuori casa (-0,9%), dove i consumi di vini bianchi hanno raggiunto quelli dei rossi. La quota di mercato dei ready to drink a base di vino è ancora bassa (circa il 2%), “ma è solo la punta dell’iceberg di una domanda on trade sempre più orientata verso i wine cocktail mixati nei locali e basati principalmente su Champagne, Prosecco e Asti Spumante”, recita una nota.