Il 2023 per Campari si apre in crescita, soprattutto per gli aperitivi, la tequila e il bourbon. Le vendite totali del gruppo nel primo trimestre hanno raggiunto i 667,9 milioni di euro, registrando un aumento del 24,9% (con una variazione organica del +19,6 per cento). Questo risultato ha beneficiato dei “molteplici cicli di aumenti prezzo effettuati nell’anno precedente, nonché da effetti temporanei che includono diverse tempistiche degli ordini di vendita e la Pasqua anticipata”, comunica il gruppo.
Le vendite negli Stati Uniti, principale mercato per Campari, continuano a crescere (+23%) grazie alla “forte crescita a doppia cifra”, come specifica il gruppo, della tequila Espolòn, Wild Turkey bourbon, Russell’s Reserve e Campari, nonché alla crescita a tripla cifra di Aperol. Il gruppo, come riporta Reuters, si dice inoltre fiducioso sulle performance future del mercato statunitense, nonostante alcuni ‘rivali’ rilevino nel Paese alcuni segni di debolezza.
Parlando di tequila, invece, questo distillato “sta iniziando a diventare, credo, un fenomeno globale”, ha dichiarato il CEO del gruppo Bob Kunze-Concewitz a Reuters. Il manager ha aggiunto che gli investimenti realizzati per raddoppiarne la produzione hanno iniziato a dare risultati e si prevede di lanciare una strategia di espansione internazionale per i suoi marchi di tequila nel 2024.
Tornando ai dati, nel primo trimestre il margine lordo del gruppo è stato pari a 389,7 milioni di euro (equivalente al 58,4% delle vendite), in aumento del 25,1% a valore, mentre l’ebitda rettificato è arrivato a 184,2 milioni, in crescita del 36,8% a valore, corrispondente al 27,6% delle vendite.
A livello di brand, a spingere i conti si posiziona in testa Aperol che ha registrato una performance a doppia cifra (+43,6%) nonostante la base di confronto sfavorevole (+71,9% primo trimestre 2022), seguito dal portfolio Wild Turkey a +26,9 per cento e Campari a +23,9 per cento.
“Sebbene l’inflazione sui costi di produzione cominci a mostrare primi segni di rallentamento – commenta in una nota il CEO del gruppo – l’andamento della marginalità sconterà progressivamente l’effetto degli aumenti dei prezzi riflessi nella base di confronto nel corso dell’anno, oltre all’evoluzione del mix delle vendite e alla normalizzazione della crescita dei volumi”. Inoltre, “riguardo l’effetto cambio, nel resto dell’anno ci aspettiamo un’inversione del trend principalmente a causa dell’indebolimento del dollaro statunitense. Riguardo al medio periodo, rimaniamo fiduciosi di continuare a ottenere un forte miglioramento organico delle vendite e del mix, generando un’espansione organica della marginalità”.
Oltre agli Stati Uniti, anche le altre zone geografiche hanno riportato risultati in crescita. L’area Sud Europa, Medio Oriente e Africa ha registrato un incremento del 23,5%, dove il mercato principale, l’Italia, è cresciuto del 21,6% nonostante la base di confronto sfavorevole (+70,2% nel primo trimestre 2022). L’area Nord, Centro ed Est Europa (16% del totale) ha registrato una crescita organica del 16 per cento.
Per quanto riguarda la zona asiatica “continuiamo a portare avanti la nostra strategia di crescita nell’area Apac rafforzando il nostro assetto distributivo per aumentare ulteriormente il nostro focus sui brand”, continua il CEO. “In particolare, abbiamo deciso di accelerare l’acquisizione di quote di maggioranza nelle nostre joint-venture commerciali locali in Giappone e Nuova Zelanda, attraverso un esercizio anticipato di opzioni call, con la conseguente inclusione nella nostra rete di distribuzione diretta”. Le vendite dell’area Asia-Pacifico (8% del totale) sono cresciute a livello organico del 14,5 per cento.
Nel secondo trimestre il CEO ha riferito a Reuters che stima un impatto negativo di circa 30 milioni di euro per il fenomeno contrario rispetto agli effetti positivi delle consegne osservati nei primi tre mesi.