Non sono pochi i ristoratori (di ogni livello) che scelgono di farsi supportare nella costruzione della propria carta vini da un distributore di riferimento. Per chi non centra sul vino la propria identità è il modo più comodo per non dover dedicare troppo tempo a listini e cantina. È prima di tutto a questa fetta di mercato del fuori casa – dal format alla trattoria – che guarda per il proprio sviluppo la piattaforma The Winesider.
Attraverso la app TWS4Restaurants (The Winesider for Restaurants), la food-tech genovese propone infatti un processo di digitalizzazione della cantina, offrendo all’horeca oltre 1.500 etichette in conto vendita e un ventaglio di servizi correlati per la gestione del vino. In quanto distributore, The Winesider permette ai ristoratori di selezionare le referenze da mettere in carta, ma aggiunge una fetta di servizio tecnologico come valore aggiunto grazie alla app – dalla personalizzazione della carta vini al riordino automatico dei vini in esaurimento, dall’accesso alle schede per ogni prodotto fino all’elaborazione dei dati di vendita, con marginalità e rotazione dei prodotti. Uno strumento a supporto di cassa e sala, che secondo quanto riferiscono i locali già supportati da The Winesider può portare un aumento di fatturato dal 30 al 70%, con un impatto sulla marginalità fino al 25 per cento.
Il vero punto di forza è però l’accesso a uno stock di bottiglie in conto vendita. “È un’opzione che l’azienda mette a disposizione dei ristoratori, permettendo loro di acquistare solo le bottiglie effettivamente vendute, in modo da far fronte alle spese ed evitare di stoccare bottiglie superflue”, evidenzia il CEO di The Winesider Gianni Miscioscia.
Il piano di sviluppo della app è partito durante il lockdown, quando The Winesider – la cui piattaforma è stata sviluppata tra il 2017 e il 2018 con il Politecnico di Torino – ha voluto creare un prodotto di supporto per i ristoratori in un momento particolarmente difficile. E citando Fipe, che recentemente ha segnalato come un ristoratore su tre abbia deciso di limitare il numero di etichette presenti in cantina per la crisi di liquidità legata ai costi, Miscioscia sottolinea che “la situazione attuale di incertezza economica ha confermato la necessità di servizi accessori che possano essere di reale sostegno al fuori casa”.
Ad oggi la app TWS4Restaurants è operativa solo con le etichette distribuite da The Winesider, ma dalla food tech fanno sapere di essere aperti alla collaborazione operativa con i distributori per sviluppare una integrazione nella piattaforma. “Arriveremo anche all’inserimento delle referenze specifiche che il ristoratore sceglie – specifica Nicola Pasquero, International Director – ma questo richiede uno sviluppo tecnologico ad integrazione del servizio attualmente sviluppato. Andrà a integrare anche birre e spirits, come richiedono specificamente i locali. E in questo momento ci stanno contattando diversi distributori, perché il modello funziona”.
Oggi i clienti sono circa 250, concentrati soprattutto tra Milano, Genova e Torino, con qualche adesione tra Roma e Londra. Un bacino ristretto, grazie al quale il fatturato ha raggiunto quota 3 milioni di euro, ma il business plan prevede di arrivare a 3mila locali serviti e 45 milioni di fatturato in 5 anni. “A quel punto affronteremo il tema caldo dell’internazionalizzazione – aggiunge Pasquero – iniziando probabilmente da mercati più evoluti sul piano della tecnologia come UK e Scandinavia. Lo sviluppo in termini di software sarà essenziale per lo sviluppo all’estero”.
Attualmente The Winesider è controllata al 77% dai fondatori (Giovanni e Giacomo Miscioscia) e partecipata da investitori istituzionali che con un round da 2,1 milioni hanno sostenuto la fase di startup. E ora, anche a fronte delle opportunità di sviluppo sul mercato e di possibili acquisizioni, la food tech sta cercando nuovi investitori. A fine 2022 potrebbe chiudersi il round di investimento di 600mila euro già approvato da Cdp, ma “in questo momento stiamo cercando partner finanziari, che portino capitale destinato allo sviluppo, e anche partner strategici di filiera per ampliare le competenze interne e la gamma di servizi”, chiosa Pasquero.