Sono oltre 220 milioni le bottiglie rimaste invendute dall’inizio della pandemia ad oggi, con il conseguente risultato che più di due aziende vitivinicole su tre hanno registrato una perdita di fatturato nel 2020, con punte superiori al 30% rispetto all’anno precedente. È quanto emerge da un’indagine di Coldiretti, che attribuisce l’invenduto ai vari lockdown e alle misure di restrizione disposte dai vari Dpcm.
Un crollo che, secondo la Coldiretti, non è stato compensato dai consumi domestici, che hanno comunque spinto vino e spumanti, i quali “sono stati molto apprezzati durante i vari lockdown”, con una crescita degli acquisti rispettivamente dell’8,3% e del 7,5% (analisi Coldiretti su dati Ismea). All’incremento delle vendite al supermercato si accompagna il boom dell’online, dove le vendite sono più che raddoppiate nel 2020, con un rimbalzo del 105% (sulla base di un’elaborazione Coldiretti su dati Wine Monitor Nomisma).
Secondo uno studio dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, i consumi di vino in Italia sono cresciuti del 7,5% lo scorso anno, posizionando la Penisola al terzo posto a livello mondiale dopo Usa e Francia.
La ripresa, segnata dalla ripartenza della ristorazione (seppur al momento solo per un locale su due), “ha un impatto rilevante dal punto di vista economico per il settore vitivinicolo – recita la nota – poiché interessa soprattutto i prodotti a maggior valore aggiunto come i 526 vini a denominazioni di origine e indicazione geografica, che rappresentano il 70% della produzione nazionale e che sono stati proprio i più penalizzati dalla pandemia”. La riapertura, pertanto, vale 2,5 miliardi per il vino italiano.