Con la pandemia, gli investimenti in ristorazione dei fondi di private equity hanno subìto un inevitabile rallentamento. Ciò non significa che gli investitori abbiano dimenticato il comparto, spostando però le attenzioni verso format con potenzialità di crescita anche durante il lockdown (è il caso di Poke House, dove Mip è entrata al 25% con un round di 5 milioni) o verso il digital a supporto della ristorazione (l’esempio più interessante è quello di Deliveroo, che ha chiuso a gennaio un round di 180 milioni di dollari). Ora si attende la fine dell’emergenza per ripartire non solo con le attività di ristorazione “in presenza”, ma anche con nuove acquisizioni. L’argomento è al centro del dossier che sarà pubblicato sul prossimo numero di Pambianco Magazine Wine&Food.
Quando saranno maturi i tempi? “Più facile dopo l’estate”, afferma Walter Ricciotti, co-fondatore e ceo di Quadrivio Group, tra i pionieri dell’investimento nel mondo della ristorazione. “I fondi vorranno valutare i tempi della ripartenza effettiva, per cui non mi aspetto particolari deal nella prima metà dell’anno”, precisa Ricciotti. Il quale però scommette nella continuità dell’interesse verso il comparto e ritiene che potrebbe anche aumentare, non appena ci sarà la chiarezza necessaria sui tempi del ritorno alla normalità. “È più probabile – afferma il ceo di Quadrivio – che a investire in ristorazione saranno i fondi che già lo hanno fatto, perché conoscono meglio il settore. E quando tutto si riprenderà, aumenteranno le possibilità di crescita e di investimento, soprattutto nelle società più dimensionate, anche perché la ristorazione potrebbe beneficiare del fenomeno di revenge shopping. È ovvio che si parte da una situazione difficile, ma quando ci sono elementi di shock si creano anche delle opportunità”.
Andrea Bertoncello, managing director della divisione programmi di investimento diretti di Dea Capital (che controlla Alice Pizza e ha una quota di minoranza in La Piadineria), considera la pandemia da Covid come “un forte acceleratore di dinamiche già presenti nel mercato della ristorazione. Le grandi catene, sfruttando la loro solidità finanziaria e la capacità di gestione nelle operations che rende il punto vendita più profittevole, avranno la possibilità di crescere, mentre l’impatto della crisi sarà particolarmente severo per le attività a gestione familiare: le prime avranno la possibilità di assorbire le seconde, allineando maggiormente l’Italia al resto del mondo per capacità di penetrazione dei gruppi sul numero totale di esercizi attivi”. Secondo Bertoncello, i fondi cercheranno di individuare opportunità inquadrate nell’ambito casual dining, a patto che siano realtà scalabili: “Perché difficilmente un fondo investe in singole location”. Sui tempi per i primi deal, il manager pensa al 2021 in uno scenario più aggressivo o al 2022 in quello più prudente.
L’attenzione di Mip, secondo il ceo Paolo Gualdani, andranno verso concept che siano scalabili, altamente digitali, multichannel e attenti alla food safety, alla tracciabilità di filiera e ai valori del cibo proposto alla clientela. “Il cibo è uno stile di vita. E il nostro fondo crede molto nell’interazione tra il tech digitale e il lifestyle che i concept di ristorazione ben rappresentano”, precisa. E il fine dining? “Manca l’aspetto della scalabilità, e richiederebbe investimenti eccessivi per singola location. Potrebbero invece essere interessanti i format ideati da grandi chef come modello replicabile”.