Gli investimenti già fatti e le opportunità che si prospettano per online ed enoturismo hanno spinto Albino Armani a dare vita a una società separata da quella vitivinicola. È nata così Futuri 1607, con socio di maggioranza al 60% il figlio Federico Armani e con il residuo 40% controllato dal padre. La scelta dello spin off risponde a una logica ben precisa: far viaggiare queste attività su un binario autonomo, affinché vivano di vita propria e possano sviluppare un fatturato slegato rispetto al mondo agricolo e alle cantine di cui dispone tra Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia.
Tutto nasce dalla volontà di Armani padre di continuare a fare quel che ha sempre fatto ovvero l’imprenditore del vino, oltre a essere presidente del consorzio di tutela del Pinot grigio delle Venezie. “Ma le aziende vanno raccontate”, precisa Armani. “E io mi sono sempre più occupato di andare in vigna che di raccontare quel che stavamo facendo su più fronti, a cominciare da quello enoturistico, fondato sempre più su pacchetti e proposte declinate in base alle esigenze e alle richieste del mercato. Durante la prima fase della pandemia, abbiamo accelerato in questa direzione, assumendo persone e aprendo la nuova società. Oggi Futuri 1607 si occupa dei wine tour con degustazione che vendiamo direttamente dal nostro sito, con prospettive di crescita notevoli non solo nella sede aziendale di Dolcè ma anche in quella di Marano in Valpolicella, dove disponiamo di un’ampia terrazza particolarmente indicata per gli eventi. Inoltre, abbiamo dato il via alla vendita diretta di vini tramite e-commerce e anche quest’attività sarà gestita dalla nuova società”.
Albino Armani dispone di circa 330 ettari di proprietà di cui 130 in area friulana, dove recentemente ha acquisito 25 ettari nell’area delle Grave. In precedenza, nel 2018, si era esteso anche nel Veronese, a Castelnuovo del Garda dove ha avviato un progetto di olivicoltura e a Bardolino e Custoza per i vini che insistono nelle rispettive dop. Storicamente il suo nome è legato al Pinot grigio della val d’Adige, esportato in buona parte negli Stati Uniti. La produzione annua si aggira attorno a 1,5 milioni di bottiglie a marchio proprio, a cui si aggiungono gli imbottigliamenti per marchi privati (altri sei milioni di bottiglie) e la produzione di vino sfuso. Il tutto per un giro d’affari che lo scorso anno aveva superato i 50 milioni di euro, con previsioni di 47-48 milioni a fine 2020. E sono cinque le cantine che fanno capo al gruppo: quella della sede centrale di Dolcè in val d’Adige e quella di Marano di Valpolicella in provincia di Verona, San Polo di Piave (Treviso) per i vini biologici e biodinamici, Sequals (Pordenone) per le produzioni friulane e Chizzola di Ala (Trento) per i vini della Vallagarina e per il metodo classico Trentodoc ottenuto dalle uve coltivate alle pendici del monte Baldo.
Tra i mercati di riferimento spiccano gli Stati Uniti, a cui è destinato circa il 60% del totale e con una forte predominanza di Pinot grigio e di Prosecco. Seguono il nord Europa, l’Italia e la Svizzera, mentre tra quelli che stanno iniziando a dare frutti compaiono Svezia e Russia. L’imbottigliato è determinante per il valore, ma anche lo sfuso è importante e strategico per Albino Armani, che precisa: “Io non compro vino, compro uve e le trasformo. Quindi lo sfuso non rappresenta per me un mero commercio, bensì un lavoro pensato per le esigenze del cliente e con piena garanzia di tracciabilità”.
Nel frattempo, Albino Armani ha lanciato anche un progetto di natura turistico-sportiva come Visit Valdadige, nata come associazione ma il cui obiettivo è la costituzione in società e che punta ad avvicinare i visitatori al territorio dove opera l’azienda tramite il richiamo di attività come rafting, escursioni in montagna e in bicicletta lungo la famosa pista ciclabile che costeggia l’Adige. “Abbiamo finanziato la fase di partenza, con altri quattro soci, e ora dovrà diventare un’attività imprenditoriale a sé, esattamente come Futuri 1607”, sottolinea Armani.
Infine, per quanto riguarda i vini, Albino Armani ha impostato una segmentazione su quattro livelli, partendo dal marchio Albino Armani concepito come linea alta e senza compromessi qualitativi, e a seguire i marchi aziendali di fascia più accessibile, il private label e lo sfuso. Si aggiungerà nei prossimi anni il progetto di iper nicchia Valeriano, ideato con la consulenza di Walter Filiputti, nome di punta dell’enologia friulana. “Rappresenterà il picco della nostra offerta qualitativa e darà vita a due vini super friulani: un rosso ottenuto da un blend di Merlot e due autoctoni piuttosto rari come Ucelut e Piculit Neri, e un bianco con Chardonnay, Ribolla e Scaglin, quest’ultimo quasi scomparso dalla scena”.