L’anno in corso si chiuderà in forte aumento per Pistì, azienda leader del pistacchio di Bronte dop, che conferma un tasso di crescita a doppia cifra ormai consolidato. Dopo aver archiviato il 2019 con 44,5 milioni di ricavi, la società fondata da Nino Marino e Vincenzo Longhitano stima una chiusura a circa 55 milioni di euro, con un balzo del 25% anno su anno che certamente, nel “terribile” 2020, rappresenta una notevole eccezione e conferma l’ottimo momento della frutta secca in generale e del miglior pistacchio del mondo, quello coltivato alle pendici dell’Etna e che, ricorda a Pambianco Wine&Food lo stesso Nino Marino: “Rappresenta appena l’1% della produzione mondiale di pistacchio, ma ha un valore altissimo, perché il prezzo di vendita del Bronte dop è compreso tra i 45 e 50 euro al kg contro i 14-16 euro del pistacchio originario dell’Iran o della Turchia”.
Il tasso di crescita negli ultimi anni per Pistì è impressionante. Nel 2015 non raggiungeva i 12 milioni di euro, e da allora il bilancio è andato in costante incremento, fino al grande balzo del 2019, quando Pistì è salita da 28,8 a 44,5 milioni di euro, per il 35% derivanti dall’export. Il segreto è stato l’investimento nella trasformazione, dai lievitati ai croccanti, e in particolare nelle creme a base di pistacchio, da cui oggi dipende un giro d’affari di 6 milioni (valore sell in) soltanto in Italia. “Ora vorremmo imporre questo prodotto in altri mercati, a cominciare dall’Australia”, afferma Marino. In Italia, Pistì è leader assoluto di mercato nelle creme di pistacchio, con il 50% della quota complessiva. Al di là delle creme, la metà del giro d’affari dell’azienda siciliana dipende dalla grande distribuzione e l’altra metà dalle forniture b2b, per il 60% destinate all’industria e per il 40% al retail (gelaterie e pasticcerie).
Nei mesi di lockdown, a Bronte non sono rimasti fermi. “Ci siamo dedicati agli innesti, operando su 10mila piante. Tra una decina di anni, queste piante daranno il loro frutto. La lunga attesa è la ragione per cui sono in pochi a occuparsi di pistacchio, trattandosi di un investimento a lungo termine. I consumi però sono in forte aumento, e i risultati ci danno ragione”, precisa Marino, che sta trattando con alcune primarie catene Usa della grande distribuzione per sviluppare una linea di creme di pistacchio da proporre in alternativa al popolarissimo burro di arachidi. “Oggi per noi il trasformato vale oltre la metà del giro d’affari. E la vera crescita è lì”, conclude.