I conti si fanno alla fine, ma le cifre dei primi tre mesi nel mondo del vino parrebbero confermare la relativa tenuta delle aziende presenti in grande distribuzione, a cui fa da contrappeso la sofferenza diffusa tra i piccoli produttori specializzati in horeca. Va peggio ancora tra coloro che, in aggiunta al canale fuori casa, hanno puntato sull’accoglienza in azienda e sull’hotellerie sotto forma di resort o agriturismo, poiché la stagione primaverile è saltata e con essa anche il business collegato delle vendite dirette al visitatore dell’azienda.
La grande distribuzione si afferma quindi non più come canale principale, ma come unico canale del lockdown e i suoi conti sono in attivo. I dati elaborati da Iri per Vinitaly nel periodo tra l’1 gennaio e il 19 aprile 2020 evidenziano un +7,9% a volume e + 6,9% a valore, con una punta del +7,6% in valore per i vini a denominazione e del +10,2% per le due settimane pasquali, caratterizzate da un crollo degli spumanti (-38%). Tra i fenomeni del periodo considerato compaiono, per tasso di crescita: Lugana (+30%), Ribolla, Pinot Grigio, Valpolicella, Aglianico. La classifica dei vini più venduti vede invece primeggiare il Lambrusco, davanti a Montepulciano d’Abruzzo, Chianti Docg (in evidenza con il +6,9%), Sangiovese, Barbera.
Vince dunque chi è radicato in gdo e chi esce a un prezzo competitivo. Le regioni più avvantaggiate parrebbero quelle del centro-sud come Sicilia, Abruzzo e Puglia. In particolare, il Consorzio di tutela dei vini d’Abruzzo ha presentato i dati relativi al primo trimestre, con un +10% per il Montepulciano d’Abruzzo e più in generale un +6% sull’imbottigliato totale dei vini regionali. “Il trend è positivo in generale – ha spiegato a Pambianco Wine&Food il presidente del consorzio, Valentino di Campli – e vede primeggiare per crescita, assieme al Montepulciano d’Abruzzo, anche il Pecorino. Le sofferenze riguardano i nostri vini prevalentemente destinati all’horeca, come il Cerasuolo che è l’unica denominazione rosa d’Italia. Al di là delle denominazioni specifiche, notiamo enormi sofferenze nelle realtà aziendali più piccole che lavorano quasi esclusivamente per il canale horeca e non fatturano da due mesi, ma intanto devono investire per mandare avanti i lavori in vigna”.
In Piemonte, le prime indicazioni provenienti dal Consorzio di tutela dell’Asti docg (leader regionale per quantità di bottiglie prodotte) mostrano un andamento positivo per l’Asti spumante, che nei primi quattro mesi ha guadagnato un milione di bottiglie rispetto allo stesso periodo del 2019, parzialmente compensato in negativo dalle vendite del Moscato d’Asti, storicamente più forte nel canale horeca. La perdita stimata a livello regionale, sulla base di un giro d’affari annuo di circa 2 miliardi di euro e per il 50% ottenuto all’estero, è di 300-400 milioni di euro, per la metà in carico alla Barbera d’Asti che vive una situazione di enorme gravità.
In Veneto, prima regione italiana per giro d’affari nel mondo vinicolo, i dati per il momento risultano positivi. Il Prosecco doc, prima denominazione nazionale per numero di bottiglie, vede una crescita trimestrale compresa tra il 3 e 5%, con prospettive cedenti soprattutto per la stagione estiva. In crescita anche l’Asolo Prosecco Superiore docg (+10%), ed è stata eccellente la performance del Conegliano Valdobbiadene docg nel corso del trimestre in grande distribuzione Italia, con un balzo del 16,8% in valore.
Passando ai vini rossi del Veneto, i dati trimestrali forniti dal consorzio di tutela dei vini Valpolicella relativi al numero di bottiglie prodotte sono positivi per Valpolicella (+9%) e Ripasso (+3%), mentre l’Amarone presenta un trend negativo single digit. “Questi dati non possono essere considerati indicativi del momento attuale – precisa il presidente del consorzio, Andrea Sartori – perché la situazione è in via di peggioramento e quel che ci troveremo a valutare per fine maggio sarà molto probabilmente peggio”.
Nel frattempo, in Toscana, è allarme rosso. Al buon momento del Chianti docg, gettonatissimo in gdo, si contrappone il dramma dell’enoturismo, denunciato dalla presidente della doc Orcia Donatella Cinelli Colombini (“Avere un solo mercato largamente prevalente, quello locale, e una sola tipologia di cliente, il turista, si rivela come un fattore di fragilità per le aziende”, ha commentato l’ideatrice di Cantine Aperte), e quello della più importante e prestigiosa denominazione regionale, il Brunello di Montalcino, che ha avanzato una proposta per la dichiarazione dello stato di calamità naturale per tutta la Toscana, con accesso al Fondo di solidarietà nazionale e l’attivazione del Mediocredito Toscano. “Siamo convinti – ha affermato il presidente del consorzio del Brunello, Fabrizio Bindocci – che questa non sia una crisi strutturale, ma una difficoltà congiunturale generata dal Covid-19 cui contrapporre, assieme a un’adeguata dotazione creditizia, una reazione forte basata sulle attività di promozione e marketing”. Partendo da un piano articolato di presenza capillare sui maggiori canali commerciali online nei principali mercati di sbocco, a supporto del brand Montalcino e delle sue produzioni.