“La prossima settimana cresceremo di venti persone”. Per Matteo Pichi è un periodo di forte intensità sul fronte dell’espansione. Dopo aver fondato Foodinho, poi ceduta alla spagnola Glovo di cui è stato per due anni country manager Italia, l’ex imprenditore del food delivery si dedica oggi al food retail con il format Poke House, basato su uno dei piatti più gettonati del momento ovvero il poke, di origine hawaiana e a base di pesce crudo, pienamente inserito nel filone healthy sempre più diffuso soprattutto tra gli under 40 e in aree urbane. Non a caso, la piazza scelta da Poke House per il suo debutto è stata Milano dove oggi è presente con tre locali, che nei prossimi mesi diventeranno cinque con le nuove aperture di via Broletto e in zona Tribunale, selezionate con l’intermediazione immobiliare di Engel & Völkers Commercial. Si aggiungono ai locali nei quartieri Isola, il primo e risalente al 20 ottobre 2018, Navigli e CityLife Shopping District. E non finisce qui, perché i piani di Poke House sono ambiziosi.
“Alla fine dell’anno – racconta Pichi a Pambianco Wine&Food – vorremmo avere almeno otto locali o addirittura dieci, se tutto andrà bene. Svilupperemo Milano e non solo: pensiamo a un’apertura all’interno di un centro commerciale e in uno scalo aeroportuale, come per esempio Orio al Serio. Il nostro modello di business prevede tante Poke House in città, perché il business funziona e i costi di gestione sono sotto controllo. Con l’aiuto del food delivery, da cui ancora oggi dipende il 60% degli incassi, potremo crescere laddove le consegne a domicilio funzionano. E al di fuori dell’Italia funzionano ancor più che da noi”.
Città, centri commerciali, travel retail… Pichi vede rosa in tanti contesti per Poke House e prevede, entro dicembre, di arrivare a 8 milioni di fatturato grazie alle nuove aperture che saranno tutte direttamente gestite. “Il franchising – aggiunge – lo terremo in considerazione più avanti e per l’estero”. La sua intuizione è stata quella di smentire chi sosteneva che il poke potesse sì rappresentare un piatto all’interno di un menù, ma non l’identità di un format di ristorazione. E per questo, assieme alla cofondatrice Vittoria Zanetti, dà vita a Poke House e apre il primo locale in via De Castillia, a due passi dal Bosco Verticale.
La società nasce con investimenti propri misti a finanziamenti bancari e a una partecipazione di circa il 20% da parte di investitori finanziari. A settembre però le cose potrebbero cambiare. “Ci sarà un round di finanziamento”, racconta Pichi. “E credo che la forza di Poke House sia rappresentata dall’essere non soltanto un brand di food retail, ma anche un brand che utilizza tecnologie in ambito digitale. C’è tanto appetito per il mondo della ristorazione ed è normale che sia così. Io stesso ho investito in quest’ambito, uscendo dal food delivery, perché ritengo ci siano grandi opportunità di espansione per le catene in Italia, considerando la loro scarsa incidenza sul totale dell’offerta: si parla di un 3%, contro una media superiore al 25% in alcune realtà internazionali”.
L’obiettivo di questo futuro round? Pichi non nasconde la propria ambizione. “Poke House può diventare il player di riferimento in Europa nel suo ambito. Consideriamo che negli Usa il leader di mercato, Poke 305, arriva sì e no a un’ottantina di locali, che per gli Stati Uniti è come dire un solo locale in Italia… Noi stiamo per raggiungere quota cinque, tra otto-nove mesi potremmo raddoppiare e poi continueremo a crescere rafforzando il brand e differenziandoci da potenziali concorrenti facendo leva su quelle piccole barriere all’ingresso che siamo riusciti a creare: l’elevata qualità delle nostre materie prime e le salse realizzate internamente su nostra ricetta”.