Operawine, L’evento dei 100 top wine, rappresenta l’eccellenza dei vini italiani. Un brand staccato da Vinitaly e reso itinerante? Mantovani: dovrà rimanere qui e integrarsi di più con Vinitaly.
Il futuro di OperaWine, l’evento di punta di Vinitaly, è legato a doppio filo al processo d’integrazione del mondo della kermesse veronese e non diventerà una manifestazione itinerante. Inoltre, già nell’edizione 2018, ha dato più spazio ad aziende ed operatori non selezionati dalla rivista americana Wine Spectator. Queste sono le linee strategiche tracciate dal direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. OperaWine, giunta alla sua settima edizione, è la mostra dell’eccellenza vinicola italiana espressa con i 100 migliori vini scelti da Wine Spectator e di scena il 14 aprile al Palazzo della Gran Guardia. In realtà, quest’anno, la degustazione riguarda 107 aziende selezionate nell’olimpo dei vini. La lista dei partecipanti comprende cantine dalla Valle d’Aosta a Pantelleria, realtà produttive molto diverse tra loro per dimensioni, territorio, stili produttivi e storia, ma dal denominatore comune dell’alta qualità. Le new entry del 2018 sono 16, provenienti da Toscana, Friuli, Puglia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Campania, Trentino ed Emilia Romagna. Fra le novità, per la prima volta Wine Spectator apre ai vini estremi e naturali, come la Ribolla 2003 di Josko Gravner, cultore delle anfore georgiane interrate.
EFFETTO TRAINO
Data la sua particolarità, OperaWine a volte dà l’impressione di correre su un binario diverso da Vinitaly. Un olimpo distante dalla “bolgia” dei 4.200 espositori della fiera scaligera? A volte è capitato che il nome Vinitaly non fosse nemmeno sufficientemente evidenziato sul sito di OperaWine, peraltro distinto da quello della manifestazione principale. “E’ una percezione errata – puntualizza subito Mantovani – e oggi la concorrenza è focalizzata sul brand piuttosto che sui singoli prodotti. Quindi OperaWine corre parallela a Vinitaly, è parte integrante del trailer della nostra fiera del vino e sarà coinvolta nel processo di maggiore integrazione del mondo Vinitaly, nei tempi giusti che determineremo”. A dimostrazione dell’integrazione e delle sinergie esistenti con Vinitaly, viene sottolineato che OperaWine è una manifestazione destinata a un target di top buyer e ai media di tutto il mondo. I buyer però poi si fermano qualche giorno a Verona per visitare gli espositori in fiera. Insomma l’effetto traino è garantito. Poi Mantovani spiega che l’apparente distacco di OperaWine è motivato dalla formula unica, meritevole di personalizzazione. “Peraltro – aggiunge il top manager – la nostra manifestazione sulle eccellenze è stata più o meno clonata in diversi Paesi. Per esempio, in Cina, alla fiera del vino di Chengdu hanno lanciato il G-100, i cento migliori vini nel mondo. Negli Usa, Wine Spectator ha fatto una cosa simile e anche Vinexpo ha più o meno riproposto il modello da noi ideato”. Perché allora non rendere OperaWine un evento itinerante? “Ci abbiamo pensato – risponde Mantovani – ma siamo arrivati alla conclusione che diventerebbe inutile creare doppioni, che poi si trasformerebbero in eventi minori. OperaWine è un evento unico e difficilmente replicabile all’estero. Chi viene al gran tasting di Palazzo della Gran Guardia incontra i produttori, i grandi nomi del vino italiano”. Quest’anno però è stato offerto spazio anche ad aziende e produttori che, pur non essendo stati selezionati tra i 100, entrano come ospiti. Di norma, tutti i partecipanti a OperaWine scelgono di partecipare anche a Vinitaly. “Eccetto pochissimi produttori, meno delle dita di una mano – precisa Mantovani -. Per esempio, Josko Gravner non ci sarà, per motivi che noi comprendiamo perfettamente. Ma Gravner non partecipa non solo Vinitaly, ma a nessuna fiera in generale”.
di Emanuele Scarci