WeChat “arruola” cinque aziende vitivinicole italiane per supportarne i progetti di e-commerce in Cina. La app con 650 milioni di download, presente nel 90% degli smartphone utilizzati in Cina, ha avviato una campagna di scouting nel mondo del vino tramite la filiale WeChat Italy. Alle prime due aziende già attive e con account pubblicizzati, La Collina dei Ciliegi (Valpolicella) e Ferrero&Toppino (Langhe) se ne aggiungeranno altre tre, i cui nomi non sono stati ancora comunicati in attesa del lancio ufficiale. “Si tratta di aziende di piccole e medie dimensioni già con esperienza nell’export dei propri prodotti, che hanno iniziato a guardare con interesse verso i mercati dell’Estremo Oriente”, dichiara a Pambianco Wine il CEO di WeChat Italy, Andrea Ghizzoni. “Queste aziende – aggiunge – hanno intuito la possibilità di fare business non solo con il mercato cinese e con i turisti, ma anche con i cinesi residenti in Italia e in Europa.
Quali difficoltà incontrano le aziende italiane del vino nel fare e-business con la Cina?
Le trovano soprattutto nell’organizzazione della logistica di supporto all’e-commerce. La maggioranza dei produttori italiani ha la consapevolezza delle opportunità che può dare il mercato cinese senza però riuscire a emergere, a causa della dimensione ridotta della propria azienda e della poca conoscenza del mercato. Noi offriamo non solo supporto nell’apertura di un account ufficiale su WeChat, applicazione di comunicazione più utilizzata in Cina, ma anche consulenza nella scelta delle piattaforme di e-commerce più adeguate e nell’organizzazione della logistica.
A che prezzo?
Partendo da 1.500 euro, i costi comprendono l’apertura di un account ufficiale su WeChat senza legal entity cinese e la consulenza nella scelta della miglior piattaforma di e-commerce. Ad esempio JD.com, la più sicura e semplice da gestire sul territorio cinese.
T-mall ha annunciato la nascita di un portale specifico sul vino con il gruppo Mondavi, che fa leva sull’enoturismo cinese in California. Ci sono, secondo voi, le premesse per creare qualcosa di analogo con il vino italiano?
Crediamo che ci siano possibilità tangibili di creare accordi analoghi con altre piattaforme più idonee ai nostri prodotti, per aiutare non solo l’export dei nostri prodotti, ma anche l’enoturismo.
Quali azioni di comunicazione/marketing servirebbero per vendere di più in Cina, dove l’Italia controlla appena il 5% del mercato di vini importati?
Culturalmente la Cina è un paese fortemente attratto dalle eccellenze, in particolar modo dalla moda e dal vino. Se per la moda, soprattutto maschile, il punto di riferimento è l’Italia, per il settore vitivinicolo è la Francia a interpretare un ruolo di leader. Questo perché il vino francese ha iniziato a educare la clientela cinese prima di tutti gli altri, posizionandosi nella mente del consumatore come l’eccellenza del vino nel mondo. L’approccio francese costituisce un esempio di unione. Bisogna pertanto cercare di penetrare il mercato cinese con la forza che solo le associazioni di categoria hanno, per non frammentarsi e per costruire delle attività di educazione al consumo che altrimenti sarebbero impossibili.