In attesa del cda che si esprimerà sul futuro di Vinitaly, trapelano da Verona ulteriori indiscrezioni sul piano che dovrebbe determinare lo spin off della manifestazione del vino dall’ente fiera, con fine ultimo la quotazione in Borsa. Secondo quanto riporta il Corriere del Veneto, la scelta di Simest come partner pubblico sarebbe obbligata. In un primo momento, Veronafiere avrebbe pensato di coinvolgere il Fondo strategico italiano, anch’esso controllato da Cassa depositi e prestiti, ma Fsi non può più fare operazioni in società che fatturano meno di 300 milioni, mentre Vinitaly si ferma a 28 milioni. A quel punto i vertici della fiera veronese si sarebbero rivolti a Simest, nata nel 1991 e da tre anni sotto il controllo della Cdp, che investirebbe una cifra compresa tra 25 e 35 milioni, assicurandosi circa il 40% delle quote azionarie. Veronafiere, con il solo conferimento di asset, otterrebbe fondi per la valorizzazione del marchio a livello internazionale mantenendo al tempo stesso il controllo della newco e la sede della manifestazione fieristica nella città scaligera. Gli obiettivi? Raddoppiare i ricavi con la crescita oltreconfine, sulla base di un piano industriale top secret e che sarebbe già stato redatto da Vinitaly insieme insieme ai consulenti di Axteria. Il quotidiano veneto ipotizza, tra le possibili mosse, una grande offensiva in Asia che potrebbe coinvolgere la Francia, storico rivale del vino italiano, per sbarcare in grande stile nei mercati del Far East. L’ipotesi di un’alleanza tra Verona e Bordeaux (con Vinexpo?) sarebbe mirata a contenere lo strapotere di Prowein, su cui la fiera di Dusseldorf (300 milioni di fatturato) ha previsto 50 milioni di nuovi investimenti.