Indici e classifiche ci offrono un’istantanea dell’andamento dei più gettonati vini pregiati. Sul fronte del trend nessuna delusione per i collezionisti da parte dei fine wine in quanto, negli ultimi diciassette mesi, i prezzi dei vini da collezione hanno registrato un aumento costante e la performance è avvenuta senza sosta in modo consecutivo.
Questa affermazione trova una conferma oggettiva nella performance dell’indice Liv-ex Fine Wine 100, che ad ottobre ha registrato un incremento del 2,2% toccando il massimo storico a 372,44 punti. Dal 2001, l’indice che è il principale benchmark del settore e traccia l’andamento dei prezzi dei 100 fine wine più ricercati sul mercato secondario (Bloomberg: Livx100 Thomson, Reuters: Livf100), ha segnato il +272,4%, una performance che mostra la capacità di questo collectible di superare indenne le crisi finanziarie che abbiamo sperimentato nel periodo. Del paniere fanno parte gli italiani Bartolo Mascarello, Barolo 2014, Brovia Barolo Villero 2013, Gaja Sperss 2013, Giacomo Conterno Barolo Riserva Monfortino 2010, Masseto 2014 e 2015, Ornellaia 2013 e 2015, Sassicaia 2014, 2015 e 2016, Solaia 2015 e Tignanello 2015 e 2016.
La classifica. Quali sono invece le 100 etichette di vini pregiati più potenti nel mercato secondario? Dall’analisi della classifica Liv-ex Power 100 del 2021, che presenta le 100 etichette di vini pregiati più potenti nel mercato secondario, emerge che tra le prime dieci posizioni c’è stato un cambiamento quasi completo rispetto all’anno scorso.
L’unico componente invariato (anzi, l’unica etichetta che rimane invariata nella lista dell’anno scorso) è Domaine Leroy, che ha mantenuto la pole position. Altri tre marchi, Dom Pérignon, Sassicaia e Louis Roederer, sono gli unici superstiti che hanno mantenuto una posizione tra i primi dieci posti. Gli altri sei posti al vertice sono stati presi dagli abituali leader del mercato. Château Lafite Rothschild, per esempio, è risalito dall’undicesimo posto al secondo, Armand Rousseau (ex leader della lista) è tornato al terzo posto e Domaine de la Romanée-Conti è tornato tra i top 10 dopo un anno caratterizzato da una forte domanda che ha spinto al rialzo ancora una volta i prezzi (+ 20%). Altra etichetta, Petrus, che l’anno scorso era scesa fino al 69° posto della classifica, è rimbalzata fino al 7° posto grazie al livello dei prezzi medi e all’elevato volume di vendita. La presenza nella parte alta della classifica di Dom Pérignon, Louis Roderer e Sassicaia dimostra che la domanda di Champagne e di vini italiani di qualità non è diminuita.
L’Italia tuttavia ha perso alcuni marchi nella Top 100 ma ha mantenuto la sua quota commerciale del 15%, mentre Sassicaia ha cementato il suo posto nella Top 10. La lista dello scorso anno era tutta incentrata sull’Italia, la nuova potenza emergente del vino pregiato. La quota di mercato secondario del paese è passata dall’8% a un nuovo massimo del 15% e da otto vini nella Power 100 a 17, molti dei quali ai massimi storici o new entry. Come è stato il caso della Borgogna nel 2019, tuttavia, i rapidi aumenti sono spesso seguiti da una brusca frenata mentre il mercato si adatta ai nuovi vini e ai prezzi più alti. Questo è stato un po’ il caso dell’Italia quest’anno. Tre vini, Luciano Sandrone, Poggio di Sotto e Quintarelli Giuseppe, sono usciti dalla Top 100, scendendo abbastanza bruscamente. Complessivamente, come per il Bordeaux, più etichette italiane sono scese che salite nella lista dei qualificati. D’altra parte, 21 vini si sono qualificati per la prima volta e molti di quei vini che sono rimasti nella lista si sono ulteriormente radicati nella nuova gerarchia. Il Sassicaia, per esempio, ha perso qualche posto, ma rimane la settima etichetta più scambiata per valore e la terza per volume, con una classifica di performance di prezzo al 47° posto. Gaja, allo stesso modo, è un produttore tra i primi 30 per valore e volume.
Infine nel resto del mondo, l’area più importante sono gli Stati Uniti. Come per l’Italia, il commercio dei vini statunitensi, in gran parte californiani, è in aumento. La quota commerciale della California per il periodo in questione è stata del 7,6% del totale, ben al di sopra del Rodano (4,1%) e appena davanti al Piemonte (6,3%).