Mentre sul versante del Prosecco c’è chi spinge per abbandonare, nel territorio collinare docg, lo stesso termine “Prosecco” per distinguersi dalla “massa” della produzione doc, su quello dell’Aceto Balsamico di Modena i consorzi si muovono in maniera unitaria e arrivano a definire un protocollo d’intesa per condividere strategie ed operatività, in particolare quelle legate alla tutela del prodotto e all’attività di formazione ed informazione. Non siamo ancora alla fusione tra mondi profondamente diversi, quello del Balsamico Tradizionale dop e quello del Balsamico di Modena igp, ma certamente il patto siglato – o per meglio dire formalizzato, visto che la modalità collaborativa è già avviata da anni – tra i consorzi permetterà di avviare nuove iniziative con spalle più solide e con unità di intenti, anche perché spesso le aziende che operano nell’igp sono le stesse che fanno una piccola parte di produzione dop. Per dirla con le parole della presidente del consorzio di Modena igp, Mariangela Grosoli: “Entrambi dobbiamo difendere il termine Balsamico”.
Stiamo parlando di un business rilevante e fortemente orientato all’export: la stima legata al Balsamico è di un valore commerciale pari a circa un miliardo di euro, generati per il 92% dall’export. E se il Tradizionale dop è senza dubbio il “gioiello”, l’eccellenza mondiale del comparto con pochissime quantità di prodotto venduto a caro prezzo, è il Modena igp ad assicurare grandi numeri e ingenti fatturati alle aziende specializzate, tra le quali spiccano i tre big Acetum, Ponti e De Nigris, in rigoroso ordine di fatturato.
La collaborazione tra consorzi ha portato a una serie di iniziative condivise: la gestione congiunta di procedimenti legali, l’organizzazione dell’evento annuale Acetaie Aperte, fino a creare uno spazio condiviso denominato “Le Terre del Balsamico” presso il parco agroalimentare Fico di Bologna. Con la formalizzazione dell’accordo, viene istituito un Comitato di coordinamento la cui presidenza per il primo biennio spetta al numero uno del Tradizionale, Enrico Corsini, il quale afferma: “É una cosa importante che va nella direzione della valorizzazione del mondo balsamico nel suo insieme. Nel futuro a cui bisogna guardare, potremmo affrontare le sfide che riguardano la tutela, la vigilanza, la promozione e la comunicazione avendo maggiore forza”.
Mariangela Grosoli parla di una strada che parte da lontano, fin dal 2001 quanto iniziò la collaborazione per l’Acetaia d’Italia, e che ora potrebbe portare a nuovi traguardi. “I produttori – racconta a Pambianco Wine&Food – hanno bisogno di una voce sola, di fare promozione e di presentarsi come fronte unito. Ora otterremo più forza come comparto e potremo intercettare maggiori finanziamenti da destinare alla promozione. Il territorio è compatto e pronto a confrontarsi anche con Reggio Emilia (che è dop a parte, ndr): se hanno interesse a unirsi ne possiamo parlare, perché il termine Balsamico è anche loro”. Il primo evento nel quale i due consorzi si presenteranno assieme sarà la prossima edizione di Cibus a Parma.
La Grosoli è a capo di Aceto Balsamico Del Duca, azienda di Spilamberto (Modena) che si distingue per la percentuale relativamente alta di prodotto destinato al mercato domestico: l’Italia vale il 30% del giro d’affari, e i primi mercati esteri non sono Stati Uniti o altri Paesi chiave per l’export del comparto, bensì Giappone e Svizzera, a testimonianza di un posizionamento qualitativo particolarmente elevato. In grande distribuzione è presente soltanto in Esselunga e, con poche referenze, nei supermercati e iper gestiti da Coop Alleanza 3.0. Nel 2018 ha fatturato circa 4 milioni di euro e occupa una posizione compresa tra il decimo e dodicesimo posto – a seconda delle annate – in termini di produzione certificata. Le sue etichette sono prodotte esclusivamente con mosto d’uva cotto e selezionato aceto di vino, senza ricorrere ai concentrati. “Nel 2020 – anticipa Grosoli – presenteremo la prima linea monovitigno. Stiamo svolgendo ora i test: quasi sicuramente si tratterà di aceto da Sangiovese”.