A un anno dal suo insediamento in Italia, il marchio Starbucks comincia a essere ben diffuso nel centro di Milano. Dopo l’inaugurazione della Roastery Reserve, nel settembre 2018, il licenziatario italiano Percassi (che segue tutte le insegne del gruppo di Seattle per il nostro Paese con la sola eccezione della Roastery di piazza Cordusio, gestita direttamente dagli americani) ha dato il via a una fase di sviluppo piuttosto intensa e nei giorni scorsi ha messo il primo piede al di fuori di Milano e dalla Lombardia, con l’apertura a Torino. I programmi, anticipati nell’ultimo numero di Pambianco Magazine Wine&Food dal general manager di Starbucks Italia, Vincenzo Catrambone, prevedono l’ulteriore potenziamento del capoluogo lombardo per poi entrare, gradualmente, in tutti i principali canali retail.
“Da contratto – ha raccontato Catrambone– potevamo iniziare l’espansione un mese dopo l’apertura della Roastery Reserve di Cordusio. Così, a novembre, sono stati inaugurati i locali di Garibaldi, Durini e il primo store in aeroporto a Malpensa. A seguire sono arrivati Stazione Centrale, corso Vercelli e Porta Romana. L’ultima apertura effettuata è quella di via Turati a fine luglio. A oggi quindi, come Starbucks Italia, siamo a quota sette ed entro l’anno arriveremo a nove, con il primo opening a Torino e con l’altra novità dell’ingresso in un centro commerciale, ad Assago”.
Ora la società punta a crescere in città d’arte e caratterizzate da una forte presenza di turisti come Roma, dove Starbucks entrerà nel primo semestre 2020, e poi via via Firenze, Venezia, Verona e altre ancora. “Non lo faremo nell’immediato, ma lo faremo sicuramente”, afferma il general manager. Per il breve periodo, parliamo di primo semestre 2020, Catrambone svela i piani del brand: almeno un’apertura su Roma, altre due su Milano e il primo locale all’interno di un outlet. Nella capitale, le previsioni erano di inaugurare il primo store già nel 2019 ma poi, per vari motivi, l’appuntamento è slittato al 2020: “Siamo in firma di contratto per la prima location romana e una seconda è in dirittura d’arrivo”, afferma.
L’impatto sulla clientela italiana è stato positivo. Le polemiche iniziali sull’ingresso di un brand americano visto come un competitor dei nostri bar o, più drasticamente, come qualcuno che volesse insegnare come si fa il caffè agli italiani, sono state presto superate grazie al consenso del pubblico. “Starbucks – conclude il general manager – non è venuto in Italia per insegnare qualcosa a qualcuno, bensì per mettere a disposizione un’esperienza diversa e particolare. Ha modificato la propria offerta per intercettare le esigenze della clientela italiana, ad esempio differenziando la parte food con tante novità inserite ogni 3-4 mesi e inventando nuove ricette. E ha dato vita a luoghi di incontro, relax, lavoro. È quello che Starbucks definisce il suo essere the third place, il terzo posto tra casa e lavoro. Un luogo da vivere come meeting point”.