Dalla grande distribuzione alla riscoperta di un vitigno dimenticato. Questo è il passo compiuto dalla casa vinicola Enrico Serafino da quando, nel giugno 2015, è passata dal gruppo Campari agli americani di Krause Holdings per una cifra di poco superiore ai 6 milioni di euro. Gruppo che, per inciso, nel 2016 si è assicurato anche la proprietà di Vietti con un investimento da circa 60 milioni di euro.
Tornando alla cantina di Canale (Cn), l’anno della rivoluzione è il 2017. Che da una parte, come ha spiegato a Pambianco Wine&Food Nico Conta, presidente dell’azienda di Canale (Cn): “È coinciso con il ritiro delle nostre bottiglie dalla grande distribuzione”. Dall’altra, invece, ha portato alla vinificazione di un’antica e dimenticata sottovarietà di Nebbiolo: il Picotener. Vitigno dimenticato perché, seppur in grado di resistere meglio al freddo, è difficile da coltivare e poco produttiva. Coincidenza, nel dicembre dello stesso anno anche la rivista Nature se n’era occupata definendola una delle tre sottovarietà di Nebbiolo più rilevanti, frutto di un’evoluzione spontanea che l’ha portata a essere chiaramente identificabile rispetto agli altri biotipi esistenti.
“Il recupero del Picotener, da quest’anno in enoteca, rientra nel nostro più ampio progetto di rivalutazione di vitigni piemontesi rari o dimenticati”, sottolinea Nico Conta. Il progetto fa parte della strategia di rilancio di una realtà fondata nel 1878, che nel 1910 vendeva vino anche in Cina e che ha chiuso il 2018 con un bilancio da 3,2 milioni di euro realizzato su 340 mila bottiglie. Ora, come ha sottolineato lo stesso Conta, “l’obiettivo è quello di creare valore attraverso la qualità. Nel 2017 i nostri ricavi erano a 2,6 milioni di euro e per il 2019 puntiamo a toccare i 3,8 milioni di euro e sempre ragionevolmente con lo stesso numero di bottiglie”.
La distribuzione vede l’Italia al 50% delle quote, con gli Stati Uniti e sorprendentemente gli Emirati Arabi Uniti come i due mercati internazionali di riferimento, seguiti da Gran Bretagna, Germania e Canada. Oggi Enrico Serafino può contare su 25 ettari di proprietà, 14 nelle Langhe e 11 nel Roero, e altri 35 ettari distribuiti anche nel Monferrato e controllati direttamente. Per una produzione che è poi integrata da una serie di conferitori che, come spiega il presidente: “Sono pagati a ettaro e non a chilo di uva prodotta, perché riteniamo che sia il modo migliore per ricevere la migliore qualità possibile”. Qualità che in Enrico Serafino è costantemente monitorata attraverso una, “mappatura di tutti gli appezzamenti valutati fino alle singole particelle”.
Fabio Gibellino