Nel 2019, il giro d’affari degli esercizi pubblici, sommando bar e ristoranti, ha raggiunto gli 86 miliardi di euro e il comparto è tra i pochi a poter vantare un fatturato superiore a quello del periodo pre-crisi. Ad affermarlo è Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi aderente a Confcommercio, nel suo annuale rapporto con cui monitora lo stato di salute del settore e i nuovi trend dei consumi degli italiani.
Le imprese di ristorazione in Italia sono 336mila, di cui quasi una su tre gestita da donne e l’11,6% da cittadini stranieri. Si aggiungono poi 148mila bar. Messi assieme, bar e ristoranti nel 2018 hanno comportato una spesa annua di 84,3 miliardi di euro, l’1,7% in più in termini reali rispetto all’anno precedente. E nel 2019, stima Fipe, il valore è salito a 86 miliardi.
Il trend si rafforza sul lungo periodo: in 10 anni la spesa degli italiani per mangiare fuori è aumentata di 4,9 miliardi mente quella in casa si è ridotta di 8,6 miliardi di euro nello stesso periodo di tempo. Al ristorante gli italiani cercano e trovano soprattutto i prodotti del territorio: sette consumatori su dieci prestano attenzione alla provenienza delle materie prime e il 54% vuole conoscere le origini dei piatti.
“Il mondo della ristorazione è un grande asset della nostra economia e un patrimonio, anche culturale, del Paese”, ha ribadito il presidente di Fipe, Lino Stoppani. “I dati parlano chiaro: con 46 miliardi di euro siamo la prima componente del valore aggiunto della filiera agroalimentare, continuiamo a far crescere l’occupazione e contribuiamo alla tenuta dei consumi alimentari: negli ultimi 10 anni, nonostante la crisi, gli italiani hanno speso sempre di più per mangiare fuori casa, riducendo al contrario la spesa in casa”. E Stoppani ha evidenziato i meriti legati al cambiamento dell’offerta, sempre più attrattiva per i consumatori, con la nascita di format commerciali in grado di assicurare prezzi competitivi e un buon livello qualitativo. Un contributo fondamentale arriva poi dal turismo perché, ha ribadito Stoppani: “I milioni di turisti che arrivano in Italia mettono proprio bar e ristoranti tra le cose che maggiormente apprezzano del nostro Paese”.
Tra tante luci, non manca qualche ombra. La prima è legata all’alta mortalità imprenditoriale, considerando che dopo un anno chiude il 25% dei ristoranti e dopo 3 anni abbassa le serrande quasi un locale su due. Male anche sul versante della produttività: nel corso degli ultimi 10 anni il valore aggiunto per ora lavorata è sceso di 9 punti percentuali. Inoltre, se l’aumento più consistente riguarda il numero di paninoteche, kebab e take away di ogni genere (+54,7%), c’è un calo dello 0,5% nel numero di bar e caffetterie. “Il pubblico esercizio deve fare i conti con una concorrenza ormai fuori controllo. Crescono soprattutto le attività senza spazi, senza personale, senza servizi soprattutto nei centri storici delle città più grandi”, lamenta Fipe.