“Per noi, produttori di vino a livello artigianale e familiare, è importante essere precisi nelle scelte agronomiche che determinano la salute del territorio in cui viviamo e lavoriamo. Così come è necessario misurare l’impatto di ogni azione che compiamo”. Alberto Tasca d’Almerita spiega così la scelta dell’azienda di famiglia di aderire a SOStain, protocollo di sostenibilità per la viticoltura siciliana. “SOStain ci consente non solo di misurare e di certificare, con rigorosi protocolli scientifici, il nostro livello di sostenibilità complessiva, ma ci permette anche di avere a disposizione dati che ci aiutano a evitare gli sprechi e a ridurre i costi”, evidenzia il CEO del gruppo che raccoglie le 5 tenute dei Conti d’Almerita.
La spinta “green” dell’azienda siciliana arriva a compimento di un processo iniziato nel 2001, con il passaggio di testimone dal padre Lucio ai figli Giuseppe e Alberto. “Abbiamo deciso di evolvere il progetto imprenditoriale, allargando all’intera Sicilia un approccio alla terra da ‘custodi evoluti’. Ci siamo messi in cerca di altri territori vocati con una forte personalità. Abbiamo avviato un progetto agricolo per conoscere e sperimentare territori diversi e varietà distintive, valorizzando la Sicilia nella sua unicità e diversità”, chiarisce Alberto Tasca d’Almerita. Il focus si è dunque spostato dal brand Tasca alle tenute, alla specificità delle colture sull’Etna o a Salina, sulla vinificazione da vitigni autoctoni come Malvasia, Grillo, Perricone, Catarratto, Inzolia.
Una tale concentrazione di attenzione sul territorio e sulle sue espressioni, anche a fronte della domanda crescente sui mercati internazionali, non poteva non guardare alla tutela di quel patrimonio. “In una azienda agricola sei costretto a ragionare con una prospettiva a trent’anni – sottolinea il CEO – e sempre più il consumatore punta a bere bene e bere sano. I giovani spendono selezionando, valutano il lavoro in vigna e nel bicchiere”. In concreto le tenute Tasca “impiegano le tecniche e le conoscenze disponibili per non arrecare danno al suolo e all’intero ecosistema. Scegliamo di non usare alcun agente chimico o tecnica invasiva che possa risultare dannosa, privilegiando il lavoro manuale, i metodi di difesa integrata della terra, le tecniche agronomiche di prevenzione a basso impatto”. E tutto questo oggi viene certificato in un Report di sostenibilità che impegna l’azienda con protocolli specifici. Con un vantaggio in più: “Non solo coltiviamo in biologico e biodinamico, ma abbiamo una conoscenza molto più approfondita delle nostre terre e del lavoro necessario”.
Giambattista Marchetto