L’olio extravergine d’oliva non soffre il crollo dei consumi fuori casa e si rafforza anche grazie alla pandemia, che ha spinto i consumatori verso prodotti più salutari. Le vendite in Italia sono aumentate del 7,4% in gdo nei primi 11 mesi dell’anno scorso e nel frattempo secondo un recente report della Commissione Europea, le esportazioni extra Ue sono decollate del 15,6% fra ottobre 2019 e settembre 2020, in particolare verso Australia (+37,5%), Brasile (+31%) e Canada (+28,1%). Quanto all’Italia, nel periodo compreso tra ottobre 2019 e agosto 2020, le esportazioni in area Ue sono aumentate del 24,7 percento.
Le prospettive mondiali sono molto positive. Secondo Wmfj, il valore di mercato dell’olio evo nel 2020 era pari a 1,46 miliardi di dollari e, a seguito di una crescita media annua del 3,6%, il business è destinato a salire fino a 1,8 miliardi nel 2026.
Questo incremento non è solo legato al prodotto imbottigliato, ma anche a quello trasformato, partendo dalle conserve sottolio per arrivare a snack e grissini. “Durante il lockdown le persone hanno avuto modo di fermarsi e riflettere sulla propria alimentazione e questo ha influito su ciò che cercano sugli scaffali dei supermercati”, commenta in una nota Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor, azienda specializzata in quest’ultimo ambito, e che utilizza solo olio extravergine di oliva per i suoi grissini.
Nel frattempo, scende però la disponibilità di olio extravergine di oliva fatto con olive italiane. Nel 2020, Ismea ha registrato un calo della produzione del 30% principalmente legato al minor raccolto in Puglia, da cui dipende oltre la metà della produzione di olive, dove tiene banco la problematica della Xylella che ha devastato gli ulivi del Salento. La produzione annua pugliese è diminuita del 43%, ma tra le regioni leader è andata molto male anche in Calabria (-38%) e Sicilia (-15%). In piena ripresa, invece, le quantità ottenute in Toscana (+31%), Umbria (+70%) e Liguria (+100%). Anno eccezionale al nord, dove Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige mettono a segno un balzo del 150%, ma i numeri sono decisamente più contenuti: messe assieme, le regioni del nord superano di poco il 2% della produzione nazionale.