Nell’anno in cui il Ministero dell’agricoltura ha aggiunto la parola “sovranità” al suo nome con l’obiettivo di enfatizzare la valorizzazione dei prodotti made in Italy, arrivano segnali non proprio confortanti dalle vendite di questi ultimi.
È quanto emerge dall’analisi contenuta nell’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, società non profit che gestisce le informazioni contenute all’interno dei codici a barre e che ha mappato l’andamento delle vendite del 2022 di oltre 25mila referenze presenti in grande distribuzione (supermercati e ipermercati), pari al 27,5% del paniere food & beverage che riportano in etichetta l’italianità come elemento distintivo. Le vendite sono cresciute a valore arrivando a 10,3 miliardi di euro, pari al 6,1% in più rispetto all’anno precedente, ma hanno lasciato sul campo 5 punti a volume.
Delle otto categorie di prodotti analizzate dallo studio, compresi quelli che riportano in etichetta claim come “100% italiano”, “Prodotto in Italia” o la bandiera italiana, non si salva nessuna da un’emorragia dei volumi che arriva anche a superare la doppia cifra nel caso dei vini a denominazione. E sono proprio questi ultimi ad aver registrato le performance peggiori non solo a volume, ma anche a valore. I vini Doc (in totale 2.174) hanno perso il 2,4% a valore e il 7,7% a volume, mentre nel caso dei vini Docg (in totale 962) le perdite salgono del 6,4% a valore e del 12,4% a volume. La situazione non cambia con i vini Igt: -1,6 a valore e -6% a volume.
Soffrono un po’ tutte le tipologie di vino, comprese le bollicine Charmat o Metodo Classico, che invece avevano mostrato segnali più dinamici in passato. Tra le cause, secondo lo studio, il fatto che questi prodotti abbiano “un indice di prezzo superiore alla media, visto che la fascia alta genera il 34,8% delle loro vendite contro il 28,8% della media food”. Anche la fascia di prezzo più bassa, comunque, è andata male e peggio della media, perdendo anche in questo caso sia a valore che volume, ad esclusione della fascia media dei prodotti Doc, Dop e Docg, dove almeno il giro di affari è cresciuto del 3 per cento.
La crisi quindi, con un’inflazione già galoppante e in crescita lo scorso anno, non ha risparmiato neanche i prodotti che più di altri mettono in primo piano ‘l’italianità’ come valore fondante, compresi i vini a denominazione. Un settore, quello del vino, in affanno in questo momento, visto il concomitante record di stock nelle cantine e il calo dell’export.