Crescere valorizzando la produzione e arricchendo la piramide produttiva di Brunello. È questa la strategia di Col d’Orcia, cantina di Montalcino da 50 anni sotto la guida della famiglia Marone Cinzano, che ne acquistò la proprietà nel 1973. Oggi la realtà toscana, certificata biologica dal 2010, conta 150 ettari vitati, di cui 106 a Sangiovese Brunello, destinati alla produzione di 15 etichette (tra cui Poggio al Vento Brunello di Montalcino Riserva Docg, Col d’Orcia Brunello di Montalcino Docg, Col d’Orcia Brunello di Montalcino Docg Nastagio) e realizza un fatturato di circa sette milioni di euro.
“Operando come azienda agricola, e lavorando esclusivamente le nostre uve, l’andamento dei volumi di vendita è legato alla produzione viticola”, racconta a Pambianco Wine&Food Francesco Marone Cinzano. “La crescita, quindi, passa per la valorizzazione delle nostre produzioni. Stiamo lavorando proprio in questa direzione, dalla vigna alla bottiglia, arricchendo la piramide produttiva di Brunello da single vineyard – come il Nastagio – capaci di esaltare le diversità e le specificità di microclimi e terreni. È la strada giusta per raccontare la ricchezza del nostro territorio, ma anche, commercialmente, per rispondere alla domanda di un consumatore che ha sempre più voglia di andare a fondo nella scoperta delle diverse zone produttive”. Un patrimonio, quello messo a disposizione da Col d’Orcia, che viene arricchito anche da un archivio di vecchie annate capace di raccontare mezzo secolo di storia del Brunello.
Nel frattempo, dopo due anni di “grande crescita”, il fatturato 2023 segna un calo del 10% sui 7,7 milioni di euro del 2022, di cui il 58% generati dai 66 Paesi esteri in cui il marchio è presente (in primis la Svezia che pesa per il 14% dei ricavi, seguita da Usa e Norvegia). “Non è un dato inaspettato – spiega Marone Cinzano – ed è legato per intero alle difficoltà dei mercati internazionali, dove inflazione e frenata della crescita economica hanno portato a una contrazione delle spedizioni, solo parzialmente compensata dal dato positivo del mercato domestico”.
Nel 2024, però, “ci aspettiamo un ritorno alla normalità, sperando in una distensione delle tensioni internazionali, che pesano anche sui commerci internazionali”.
La crescita di Col d’Orcia passa anche dagli investimenti e dal continuo rinnovo della parte produttiva. “I più importanti sono in campagna – spiega Marone Cinzano – con un programma volto ad aumentare la superfice vitata, al rinnovo dei vigneti esausti, all’istallazione di impianti di irrigazione ed al reperimento delle fonti di acqua, in modo da affrontare al meglio le sfide del climate change, avendo sempre come stella polare il miglioramento delle condizioni dei suoli, obiettivo a cui lavoriamo anno dopo anno”.