Lo studio Pambianco sui bilanci delle aziende di fine wines vede svettare Antinori davanti a Frescobaldi e Lunelli: messi assieme, i tre gruppi hanno oltre 15 secoli di storia. Il campione di ebitda è San Guido (Sassicaia), con una quota record di oltre il 55 percento
Diceva Madame de Rothschild: “Fare il vino è facile, basta superare i primi 200 anni”. Forse perché nel vino il tempo è elemento prezioso e il saper aspettare fa parte del processo di creazione di valore in bottiglia. L’affermazione attribuita all’esponente della nota famiglia di banchieri, ben presente nel comparto dei cosiddetti fine wines, si trasmette dalla qualità intrinseca alla capacità di generare profitti: più alto è il livello del prodotto, più aumentano i margini operativi delle aziende. E in genere, sono proprio le realtà con una lunga storia alle spalle a ottenere i risultati migliori. Lo testimonia lo studio di Pambianco Strategie di Impresa sui bilanci 2017 delle principali imprese italiane del settore vitivinicolo. Se da un lato l’analisi evidenzia una maggiore crescita annuale delle aziende di fascia media, è nell’alto di gamma che la marginalità misurata in ebitda raggiunge i valori più significativi, con una media del 21,1% sul fatturato. Ma attenzione al podio delle aziende top perché, tutte assieme, Antinori, Frescobaldi e Lunelli fanno non solo 424 milioni di fatturato e di 145 milioni di ebitda, ma anche oltre di millecinquecento anni di storia: 7 secoli per Frescobaldi, altrettanti per Antinori e oltre un secolo per gli esponenti di casa Ferrari.
IL CASO SASSICAIA
Eppure, considerando la marginalità in valori relativi e non assoluti, a svettare in classifica è un’azienda la cui storia, per quanto consolidata, è un po’ più recente. Si tratta di Tenuta San Guido, famosa nel mondo per il Sassicaia, che ha chiuso il 2017 con 33 milioni di ricavi e 18 milioni di ebitda, ottenendo così la strabiliante percentuale del 55,3%. Ed è difficile trovare in Italia, in tutti i settori dell’economia, altrettanta capacità di generare profitti. Tutto questo non nasce per caso. “È il risultato di cinquant’anni di storia del nostro vino più rappresentativo”, dichiara a Pambianco Magazine Wine&Food il marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, titolare dell’azienda da 2.500 ettari (perlopiù terreno boschivo, essendo solo di 120 ettari la superficie vitata) con sede a Bolgheri. Una storia nota, che inizia dal tentativo del padre Mario, alla fine della seconda guerra mondiale, di piantare vigneti nella costa toscana per ottenere vini da taglio bordolese in grado di competere con i migliori rossi francesi. E Sassicaia, la cui prima annata risale al 1968, ha vinto la sfida e oggi è un portabandiera del made in Italy esattamente come lo possono essere Gucci per la pelletteria, Ferrari per le auto o Poltrona Frau per l’arredo. Fissare un valore per un’azienda come San Guido è assai complesso e in ogni caso rappresenta uno degli ultimi pensieri della famiglia Incisa della Rocchetta, che utilizza i proventi dell’attività per rafforzare la qualità dei suoi vini (oltre a Sassicaia, compaiono Le Difese e Guidalberto) e le altre attività della Tenuta: l’allevamento di cavalli di razza e la produzione di olio extravergine di oliva, oltre alla gestione dell’oasi faunistica ospitata al suo interno. “Nel vino non abbiamo intenzione di crescere ulteriormente a livello quantitativo, la produzione attuale è sufficiente”, sottolinea il marchese, che dall’alto dei suoi 82 anni guarda al futuro con fiducia e senza eccessiva preoccupazione per la scarsità di raccolta del 2017, annata “siccitosa” le cui conseguenze peseranno sul numero di bottiglie di Sassicaia in commercio dal 2020.
ANTINORI LEADER
Se il 55,3% di ebitda su fatturato di San Guido è indubbiamente un dato roboante, il 41,5 di Antinori appare ancor più straordinario, dati i valori messi in campo dalla società fiorentina, che è anche la prima in classifica del comparto luxury per fatturato complessivo. Si tratta pertanto di un giro d’affari di 220 milioni di euro con una capacità di generare profitti pari a 91 milioni. E Antinori ha utilizzato negli anni questa marginalità investendo non solo in Toscana, ma anche in zona Barolo (dove controlla Prunotto), Franciacorta (Montenisa), Umbria (Castello della Sala) e Puglia (Tormaresca), per poi andare negli Stati Uniti con Antica in Napa Valley e in Cile dove lo scorso anno ha interamente acquisito Haras de Pirque. Si aggiungono poi gli investimenti nelle cantine e in vigna e naturalmente quelli in accoglienza e ristorazione. In prospettiva, Albiera Antinori parla di ulteriore crescita rispetto ai valori dell’ultimo esercizio. “Con tutta la cautela del caso, dato che mancano ancora i due mesi ‘clou’ dell’anno alla chiusura, siamo in linea con le previsioni del nostro budget, che prevedono una crescita del 3/4 % rispetto all’anno precedente”, afferma la presidente del gruppo amministrato da Renzo Cotarella. “La vendemmia 2018 è rientrata quasi nei valori quantitativi normali con una buona qualità, un fatto importante dopo la scarsa vendemmia 2017. Gli outlook 2019 sono sostanzialmente positivi, pur essendo le sfide e i rischi sempre dietro l’angolo, primi fra tutti quelli nei mercati degli Usa e della Cina”.
SPAZIO ALLE SICILIANE
Dietro Antinori, va sottolineata la performance di Frescobaldi, il cui consolidato supera di poco i cento milioni di euro con circa un terzo di ebitda (32 milioni in tutto). Il gruppo presieduto da Lamberto Frescobaldi e amministrato da Giovanni Geddes da Filicaja sta portando avanti un programma ben delineato di valorizzazione dei suoi brand d’alta gamma con cantine ed enologi dedicati: questo percorso ha dato vita come ultimo investimento, a inizio estate, alla nuova cantina di Tenuta Luce a Montalcino, che si aggiunge a quelle di Ornellaia e di Masseto nell’area di Bolgheri. Al terzo posto si piazza il gruppo Lunelli con 100 milioni di ricavi e il 21,5% di ebitda, sostenuto dalla parte di spumante metodo classico (vedi articolo seguente). Ma è tutta la top ten delle aziende di alta gamma a evidenziare una potente capacità di generare profitti, con una media di ebitda su fatturato superiore al 27%. Se consideriamo poi le aziende classificate non in ordine di ricavi ma di ebitda percentuale, compaiono anche due realtà del sud, entrambe siciliane, più piccole per fatturato ma ugualmente in grado di ottenere margini: si tratta di Donnafugata (21,2%) e Tasca d’Almerita (17,7%).
di Andrea Guolo