La Maremma Toscana Doc è una denominazione recente, del 2011, ma in crescita continua, al 7° posto per l’imbottigliato tra le Doc toscane, con un + 16% nel 2021 (rispetto al +10% di tutte le altre denominazioni toscane). Su 9.066 ettari vitati in provincia di Grosseto, 2.364 sono rivendicati a Doc Maremma Toscana nel 2021: al 3° posto, per superficie vitata rivendicata, tra le denominazioni toscane, dietro soltanto al Chianti e al Chianti Classico.
“La nostra denominazione – spiega Francesco Mazzei, presidente del Consorzio Vini Maremma Toscana, al suo secondo mandato – rappresenta una Toscana del vino ‘alternativa’, in costante crescita e dalle grandi potenzialità. Nel 2021 abbiamo superato i 51mila ettolitri imbottigliati e abbiamo sfiorato i 7 milioni di bottiglie prodotte. La Doc va valorizzata, potremmo arrivare a un potenziale di 23-30 milioni di bottiglie. Senza mai perdere di vista però l’identità del territorio e la crescita nella qualità”.
IL CAMBIAMENTO DEL DISCIPLINARE E LE PROSPETTIVE FUTURE
Nel 2020 il disciplinare è stato modificato. “In breve – spiega Mazzei – nei rossi ci siamo smarcati dall’obbligo di Sangiovese al 60%, introducendo anche altri vitigni che possono essere prevalenti; abbiamo inserito la Riserva (in rosso e bianco) e, fra i primi in Italia, le tipologie bivarietali”. Il consorzio, fondato nel 2014, conta 322 soci (produttori da 1,5 ettari fino a circa 200, anche se la maggioranza è sui 10-13 ettari) che partecipano attivamente. La Doc esporta per il 40% e utilizza i canali horeca e gdo 50-50, per un fatturato stimato sui 35-40 milioni. “Oltre il 50% della Doc è in biologico – continua Mazzei – e miriamo alla certificazione Equalitas: la sostenibilità è un punto fondamentale. Nel futuro ci focalizzeremo sull’internazionalizzazione, con incoming e marketing mirato, e sull’enoturismo: il nostro territorio intatto, pochissimo industrializzato, dalla natura selvaggia conquisterà gli enoappassionati”.
I TOP PLAYER
Al primo posto svetta la Cantina Vignaioli di Scansano, che a dicembre compirà 50 anni di attività. La cooperativa, di 170 soci, lavora su 700 ettari vitati, con vigne di età tra i 4 e i 40 anni, su suoli diversi, ad altitudini variabili, dalla costa all’interno. La cantina, certificata Viva, Pef (certificazione Ue sull’impronta ambientale del prodotto su tutta la filiera, primi in Italia a ottenerla), a settembre presenterà il suo primo bilancio sostenibile. “La cooperativa – spiega il direttore Sergio Bucci – confeziona il 98% del vino, con 5 milioni di bottiglie prodotte, destinate al 10% all’export (in 27 Paesi); in Italia vanno al 60% alla gdo, 25% all’horeca e 15% alla vendita diretta. Abbiamo aumentato nel 2021 il fatturato del 10% e del 4,5% nell’imbottigliato. Crediamo nell’enoturismo: nel 2015 ci siamo rinnovati con wine shop, zona degustazione, sala ristorazione per clienti, sala assemblea e organizziamo eventi”. La cantina fa parte di The wine net, nata per affrontare con altre sei cooperative nuovi mercati. “La Maremma Toscana Doc – continua Bucci – ha un ottimo rapporto qualità prezzo, anche i bivarietali stanno riscuotendo successo… offre anche molte altre frecce al suo arco”.
La Cantina sociale I Vini di Maremma venne fondata nel 1954. Oggi conta su 215 soci e 380 ettari vitati, con vigne per la maggior parte fra i 15 e i 20 anni (pur avendo un 12% di 60-70 anni) su suoli variabili da sabbiosi a medio impasto argillosi a calcarei. “Produciamo 400mila bottiglie assegnate per un 83% all’horeca, un 12% alla gdo e al nostro e-shop per il 5 per cento”, afferma Donata Vieri, direttore. “Abbiamo registrato un incremento di fatturato del 5 per cento. Sul numero di bottiglie siamo stabili ma prevediamo di aumentare nei prossimi tre anni del 3-15 per cento. Abbiamo progetti di ampliamenti strutturali (la cantina è già ristrutturata anche con impianto fotovoltaico, ndr)”. I punti di forza della Maremma Toscana Doc? “Produce dei vini eleganti ma contemporanei, freschi e succosi, che ci permettono di entrare in contatto anche con Paesi dai gusti in evoluzione, penso all’Asia per esempio”. Inoltre “si sta dimostrando una terra da grandi bianchi con il Vermentino, capaci di evolvere nel tempo. La nostra denominazione porta una ventata d’aria fresca, anche perché i produttori non sono limitati da una storicità di lunga data e possono interpretare modernamente, rispettandolo, il territorio”.
“La Maremma è una regione vitivinicola relativamente giovane ma altamente vocata alla produzione di qualità”, afferma Renzo Cotarella,
CEO Marchesi Antinori, proprietari di Le Mortelle. “Convinzione che ci ha portato qui a fine anni Novanta e ci ha fatto impegnare nell’interpretare ed esprimere al meglio tutte le potenzialità e caratteristiche di questo territorio unico e delle sue varietà”. Con un potenziale vitivinicolo “così grande e ancora non pienamente espresso, il futuro della denominazione sarà positivo e stimolante come sfida enologica. Come produttori, dobbiamo unirci nel segno della qualità e contribuire a fare emergere il potenziale ancora inespresso attraverso la creazione di vini rappresentativi, dalla grande identità territoriale, oltre che di altissimo livello. Qualità e identità: questa è la direzione da perseguire”. L’azienda, estesa su 174 ettari, produce 250mila bottiglie, con un export del 50% in 51 Paesi. In Italia il 95% viene venduto nell’horeca e per il 5% in e-commerce. “Negli ultimi tre anni – continua Cotarella – abbiamo raddoppiato il fatturato, mentre il numero di bottiglie è rimasto invariato, per concentrarci sulla qualità, lo stile e l’identità dei vini”.
Val delle Rose, con i suoi 186 ettari vitati su terreni sciolti e sabbiosi di scarsa fertilità, ha un parco vigne dagli 8 ai 20 anni. Produce circa 240mila bottiglie che raggiungono al 46% l’estero, per un totale di 25 Paesi. L’horeca è l’unico canale di distribuzione. “Quando abbiamo fondato l’azienda nel 1996 con un progetto importante anche per la Maremma stessa, poteva sembrare una pazzia, invece si è rivelato vincente”, esordisce Andrea Cecchi, titolare della cantina insieme al fratello Cesare. “Nel ‘21 abbiamo fatturato un +24%, con un’eguale crescita in bottiglie. Siamo certificati bio dal ‘21 e da quest’anno ci stiamo impegnando per sviluppare l’ospitalità, avviata sette anni fa. Organizziamo degustazioni, abbinando ai vini una cucina locale, trekking in vigneto, eventi. Siamo in una denominazione di grande potenziale vinicolo, un territorio trasversale, che consente l’adattamento di varietà diverse”. Le aziende “sono tecnologicamente all’altezza e hanno portato la denominazione verso un’evoluzione di raffinatezza e contemporaneità. C’è unità d’intenti nel territorio che fa emergere le nostre peculiarità. Dobbiamo però passare attraverso la qualificazione nei mercati internazionali”.
“Fare vino negli anni ‘70 in Maremma (l’azienda nasce nel 1971) non era facile”, spiega Ranieri Luigi Moris, titolare con il cugino Giulio Parentini di Morisfarms. “è stata una scommessa e oggi possiamo dire di averla vinta. Poi negli ‘90 hanno iniziato ad investire grandi nomi del mondo del vino e altri ne arriveranno”. L’azienda familiare è suddivisa in due proprietà: Tenuta Poggetti, base del centro aziendale, 35 ettari vitati su suoli argillosi, e Poggio La Mozza, 37 ettari vitati su terreni sabbiosi. Delle 330mila bottiglie prodotte, il 30% va all’estero. In Italia, la distribuzione avviene per il 62% in horeca, il 30% in vendita diretta e l’8% in gdo. “L’anno scorso – continua il titolare – a Tenuta Poggetti abbiamo realizzato la Terrazza Morris, per far assaggiare i vini e i cibi locali con vista sul golfo di Follonica: vorremmo sviluppare di più l’accoglienza e puntare sull’enoturismo. Abbiamo anche in progetto di rimodernare i vigneti. D’altronde per noi la Maremma è la nostra scelta di vita, vogliamo continuare a dare il nostro contributo a questa denominazione che sarà sempre più in crescita, perchè unisce l’enologia di qualità alla bellezza e vocazione del territorio”.
di Alessandra Piubello