Le Marche, unica regione al plurale italiana. Una pluralità di piccole aziende, spesso condotte da giovani, con un’alta parcellizzazione del territorio vitato. L’orgoglio marchigiano per la propria terra, per la propria vigna, risale alla notte dei tempi. Una regione che ha sempre puntato sugli autoctoni, Verdicchio in testa. Secondo il rapporto Ismea-Qualivita 2020, il valore alla produzione si attesta intorno ai 106 milioni di euro. Le parole d’ordine sono: attivare delle strategie di promozione multicanale e puntare sull’enoturismo.
Tra le regioni più bio in Europa in rapporto alla superficie vitata, le Marche hanno da poco siglato il Patto per il distretto biologico unico che, grazie alla partecipazione della Regione e di tutte le sigle del comparto, diventerà la più grande area europea attenta allo sviluppo di una pratica sostenibile e alla salute dei consumatori. “Siamo appena intervenuti sul disciplinare del Verdicchio dei Castelli di Jesi – afferma Alberto Mazzanti, direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini IMT, che rappresenta l’89% dell’imbottigliato e il 45% della superficie vitata regionale – per liberalizzare il Bag-in-Box per il Verdicchio base e per far passare il Verdicchio dei Castelli di Jesi Superiore da Doc a Docg e per circoscrivere l’imbottigliamento in zona”. L’altro consorzio marchigiano, quello dei Vini Piceni, che raggruppa 54 soci su 1.500 ettari e 6 milioni di bottiglie, come conferma il direttore Armando Falcioni, lavora sinergicamente con l’IMT per la promozione dei vini marchigiani.
Leader di classifica dei top player marchigiani è Moncaro, una cantina sociale da 10 milioni di bottiglie. “La pandemia – spiega Luigi Gagliardini, direttore marketing – ha sconvolto quella che era la storica suddivisione dei canali di vendita. Nel 2020 ci siamo sbilanciati nella Gdo arrivando al 75% del totale”. In seconda posizione troviamo Umani Ronchi, con circa 3 milioni di bottiglie prodotte, veicolate al 90% in Horeca, il resto in Gdo. L’export conta al 70% in 60 Paesi, tra i quali spiccano Usa, Canada e Germania. “Nel 2020 – afferma il titolare Michele Bernetti – è stato fondamentale avere eterogeneità nei vari mercati. Per quello che riguarda l’Italia, abbiamo avuto molto successo con il nostro punto vendita, perché molti italiani hanno scoperto le Marche durante l’estate. Punteremo sempre di più sull’enoturismo”.
“A fronte di un anno complicato – dichiara Angela Piotti Velenosi dell’azienda Velenosi, terza in graduatoria – il Montepulciano d’Abruzzo ha performato bene. Produciamo 2 milioni e 300mila bottiglie, esportate per il 52% in 55 Paesi esteri. I nostri canali di distribuzione sono in Horeca per un 65%, Gdo 35% e 5% nell’on-line. Sono positiva per il futuro, i segnali di ripresa ci sono”. Quarto posto per Cantina dei Collli Ripani, cantina sociale con una produzione di 1.500.000 di bottiglie. “Nel 2020 – racconta Marco Pignotti, enologo e direttore tecnico – non ci siamo fermati con lo sviluppo ed il lancio sul mercato di nuovi prodotti, abbiamo diversificato il rischio e questo ci ha aiutato a non perdere terreno, a conquistare nuove posizioni e a tenere fatturato”.
A Santa Barbara, azienda da 1.150.000 bottiglie vendute al 90% in Horeca e al 52% all’estero, sono soddisfatti. “Abbiamo chiuso in attivo l’anno scorso – commenta Stefano Antonucci, titolare di Santa Barbara – e nel 2021 siamo già a più 21 per cento”.
L’approfondimento completo è disponibile su Pambianco Magazine Wine&Fodd di giugno/luglio.