Il panettone (ormai destagionalizzato) e gli altri prodotti lievitati sono al centro della scena, come dimostrano le ultime operazioni concluse perlopiù a livello industriale. Ma la nicchia non resta a guardare e si preparano nuovi colpi…
Quando Lvmh e Prada si sfidarono per conquistare Cova, poi acquisito dai francesi con un investimento superiore a 15 milioni, si parlò di “guerra del panettone”. La battaglia tra i due colossi del lusso non era certamente limitata al prodotto da forno tipico del Natale milanese, perché in ballo c’era semmai la possibilità di disporre di un brand legato in generale al concept di caffetteria e pasticceria made in Italy da replicare nel mondo e infatti Prada si rifece acquisendo Marchesi, altro nome nobile della tradizione del panettone “basso” di Milano. Ma è indubbio che questo dolce abbia acquisito da un lato un’importanza ormai internazionale, grazie anche al boom del turismo e all’immagine conquistata dalla città (il panettone è perciò diventato per chi visita Milano un souvenir da acquistare per degustarlo in casa con i familiari, a Shanghai o a Seoul), dall’altro un valore ormai destagionalizzato, con consumi distribuiti durante tutto l’anno. E questi aspetti, se vogliamo, lo rendono ancor più appetibile per gli investitori, a cominciare dal prodotto di nicchia.
BRAND GOURMET
“La corsa all’acquisizione di marchi storici e relativamente importanti – spiega Andrea Casadei, digital strategist Food & Beverage nell’incubatore trevigiano H-Farm – sembra avere ancora fiato su scala internazionale. Si tratta di azioni di posizionamento che mettono assieme il lusso con la pasticceria italiana che, pur non avendo nulla da invidiare a quella francese, è molto meno forte su scala worldwide e nella comunicazione globale e digitale. La storia italiana è però un valore, soprattutto nei grandi lievitati che sono una tradizione tipicamente locale”. Casadei fa notare come il focus sia più sui brand che sull’effettiva capacità di evolvere verso processi di industrializzazione dei prodotti. “Lvmh ha scelto Cova, pagando un moltiplicatore a doppia cifra dell’ebidta, e non Melegatti. Il focus è sul brand gourmet per la sua capacità evocativa – sottolinea – perché sono operazioni di nicchia orientate al marketing, non progetti industriali, nonostante si tratti di investimenti importanti. Credo sia un processo positivo per la valorizzazione della pasticceria italiana, che diventa una forma d’arte». Eppure le attenzioni sono ben presenti anche in ambito industriale. A confermarlo sono da un lato l’acquisizione di Melegatti da parte di Sominor, newco fondata dalla famiglia di industriali vicentini Spezzapria, dall’altro il cambio di proprietà di Forno d’Asolo, comprata da Bc Partners e venduta da 21 Investimenti di Alessandro Benetton realizzando quattro volte l’investimento iniziale. Operazioni che non sembrano destinate a restare isolate. “L’appeal del settore è molto forte a tutti i livelli – conferma l’avvocato Massimo Zappalà, partner dello studio veneto BM&A – ma certamente in questo momento il food sembra essere la nuova frontiera del lusso, con nicchie che hanno un valore aggiunto molto alto basato sul made in Italy. Da Renzo Rosso ad Armani, il food rappresenta l’occasione per un’esperienza che l’investitore crede possa fare la differenza per il cliente che acquista un prodotto premium in Italia”. E d’altra parte gli indici di consumo mostrano oggi una maggiore propensione a spendere 20 euro per una confezione di tonno siciliano che 100 euro per una camicia firmata. In queste dinamiche di nicchia la performance assoluta conta dunque relativamente, mentre il brand pesa. D’altro canto, Zappalà conferma invece un trend orientato all’aggregazione orizzontale di realtà artigianali. “Il food made in Italy è frammentato – osserva – e poiché nei prodotti da forno una buona metà delle aziende è ben sotto i 50 milioni di fatturato, c’è un mercato appetibile per fondi e gruppi industriali. Perché un investitore evoluto che riesca a internazionalizzare un prodotto food italiano ha poi margini di rivendita altissimi. Si pensi all’operazione del fondo Clessidra con la Balconi di Nerviano. Parallelamente ci sono opportunità per chi aggrega all’interno dello stesso settore, come il gruppo IDB. In ogni caso i deal più grandi traineranno anche le operazioni più piccole”. È un processo che ha visto Bauli in avanscoperta con l’acquisito prima di Motta e Alemagna, poi di Bistefani e Doria. E gli osservatori dei processi M&A vedono comunque come probabile un’accelerazione su operazioni della dimensione di Melegatti, che è stata rilevata dalla famiglia Spezzapria per 13,5 milioni dopo il fallito tentativo di Hausbrandt che però non è rimasta a bocca asciutta. Con una virata, il gruppo trevigiano del caffè controllato dalla famiglia Zanetti conferma intanto l’attenzione al segmento dolciario e per il Natale 2018 ha siglato una partnership con il maestro Iginio Massari, con cui dichiara di voler “consolidare la collaborazione sia per quanto riguarda i prodotti da ricorrenza, sia per valutare ambiti di offerta non legati alla stagionalità”.
SETTORE ANTICICLICO
Se l’intervento di fondi (soprattutto esteri) si configura spesso come una differenziazione nel portafoglio, si presenta invece come “promotore del made in Italy dolciario nel mondo”, concentrata su marchi storici italiani, Industria Dolciaria Borsari, 45 milioni di fatturato nel 2017. IDB Group è un esempio solido di aggregazione di imprese e brand: oggi la famiglia Muzzi, oltre al proprio marchio nato a Foligno, controlla la veronese Borsari, Giovanni Cova & C. in quel di Brera a Milano, l’offelleria Scar Pier, il torronificio Bedetti di Falconara e Golfetti nel Polesine. Cresce sul mercato italiano (vale l’80% dei ricavi) e punta sull’export, considerato il vero bacino di crescita futura. L’obiettivo è “difendere un processo produttivo riconducibile all’artigianale, con costante ricerca e sviluppo, esperienza e tradizione, anche in presenza di grandi volumi produttivi”. Panettone e lievitati sono una fetta importante all’interno delle oltre 1800 referenze, ma la destagionalizzazione per IDB è ancora in fieri. Il percorso aggregativo è vincente. “All’evidenza dei risultati economici e della awareness dei marchi – dichiara l’AD Andrea Muzzi – oggi rappresentiamo un punto di riferimento del segmento premium in tutti i canali, risultato di un portafoglio brand ampio, orizzontale e omogeneo. E nulla ci impedisce di aprirci ad altri orizzonti, ma sempre dolciari. C’è interesse globale per il settore food da parte di fondi, è un segmento che non conosce crisi ed è anticiclico, quindi un porto sicuro per ogni investimento, non speculativo perché i risultati si vedono nel tempo e senza troppe bolle”. Se è vero che il consumo di prodotti da forno, in particolare di panettoni e dolci da ricorrenza, ha una dinamica fortemente regionalizzata, cosa che sembra renderlo un mercato ancora più interessante per gli investitori esteri, c’è chi concentra le proprie energie su un modello glocal. Dario Loison, alla guida con la moglie Sonia della maison artigianale fondata nel 1938 dal nonno Tranquillo, è l’espressione di una nicchia che vuole rimanere tale. “Il mondo dei prodotti da forno – afferma – vive una rivoluzione, noi rimaniamo una piccola realtà che lavora bene e abbiamo certamente avuto dei corteggiatori, ma se Lvmh ha pagato 17 volte l’ebitda di una pasticceria pur storica, per un’azienda che dà valore aggiunto come la nostra devono mettere sul tavolo almeno altrettanto”. Loison rivendica un’identità forte legata alle persone e non sembra interessato ad una crescita basata su acquisizioni. “Io preferisco stare in un segmento di alta gamma e consolidarmi nel luxury food, non posso fare prodotti per mezzo mondo e dichiararmi luxury, dunque cerchiamo di essere unici in tutto, conserviamo artigianalità e tipicità in un prodotto che sia tailored to fit. Senza rinunciare ad una visione globale, dato che lavoriamo in più di 50 nazioni per realizzare 4,5 milioni di fatturato”. L’apertura al mondo, che genera la metà dei ricavi, passa soprattutto attraverso il web: «Internet è la fortuna dei piccoli e noi gestiamo tutto direttamente. Abbiamo due food ambassador in Canada e Australia, facciamo degustazioni e giochiamo su un marketing insolito”. Anche la destagionalizzazione di prodotti tradizionali passa attraverso questo canale: “Noi ci crediamo – conclude – ed è simpatico vedere che ad agosto in Italia qualcuno compra il panettone e per noi realizzare 150 vendite nell’arco dell’estate (soprattutto in Francia, Germania, UK e in Asia) è già un bel segnale. Sono ancora lotti piccoli, ma il nostro laboratorio ha il vantaggio di non dover operare su larga scala”.
di Giambattista Marchetto