L’e-commerce del vino in Italia, se confrontato con altri prodotti, ha ancora un valore marginale. Ma le maggiori piattaforme crescono high double digit, continuano a raccogliere investimenti e intanto scaldano i muscoli all’estero.
di Giambattista Marchetto
Il vino cresce online anche in Italia, pur non riuscendo a tenere il passo di altri prodotti quali viaggi, libri, musica e moda. Eppure l’anno di svolta potrebbe esser stato il 2018. Mentre su scala globale l’e-commerce guadagna fette di mercato e i dati Nielsen evidenziano incrementi del 15% negli ultimi due anni, con tassi di crescita accelerati di quattro volte rispetto alle vendite offline (si stima che l’e-commerce globale raggiungerà i 400 miliardi di dollari entro il 2022), nel Belpaese il 2018 ha visto un’impennata del segmento beauty (+200% tra makeup, profumi prodotti per corpo e capelli) e una progressione forse inattesa degli alcolici. Vini bianchi, seguiti da rossi, champagne, spumanti e prosecco hanno dato l’abbrivio alle piattaforme nazionali e l’Italia è tra i primi 5 paesi in Europa per vendite telematiche (dopo Gran Bretagna, Francia, Svezia e Russia). La percezione di chi opera nella vendita digitale è sostanzialmente positiva. Il mercato è frammentato e sono tante le piattaforme che contribuiscono allo sviluppo delle vendite, anche se i player principali sono pochi, con strutture organizzative e societarie differenti e specifici approcci al mercato. Se il leader Tannico ha spinto sulla raccolta di investimenti per crescere, XtraWine ha lavorato sull’internazionalizzazione e Bernabei inserisce la sua enoteca online nel quadro più ampio del business di gruppo, mentre Callmewine è un portale indipendente focalizzato sul cliente italiano.
UN CASO TANNICO
Si presenta come “l’enoteca di vini italiani più grande del mondo”, vantando un portafoglio di oltre 16mila etichette. Con 14,9 milioni di ricavi nell’ultimo anno, Tannico.it è il leader nella classifica nazionale dell’e-commerce del vino. Fondata nel 2012 da Marco Magnocavallo con alcuni partner, la società milanese ha raccolto in 5 anni circa 8 milioni di euro da fondi e investitori e questo ha consentito una spinta forte negli investimenti, che hanno portato Tannico a lavorare con 2500 cantine e a distribuire in 20 paesi. Nell’ultimo esercizio, Tannico ha venduto circa un milione di bottiglie, con picchi giornalieri di 2500-3500 ordini. Ciononostante, Magnocavallo vede ancora ampie possibilità di evoluzione. “Noi osserviamo il mercato da sei anni e vediamo come il consumatore si stia progressivamente educando all’e-commerce – chiarisce – ma non è così automatico che persone disposte a fare acquisti online per altri prodotti scelgano di farlo anche con il vino. È più facile che acquistino viaggi, libri, elettrodomestici. Dunque la penetrazione è ancora ridotta”. Qualcosa però si sta muovendo. “Il fatto di avere migliaia di etichette disponibili, tutte raccontate con approfondimenti e proposte ogni giorno in collection, dà al cliente molte più informazioni. Se si escludono alcune enoteche, raramente il consumatore di vino riesce ad approfondire la qualità e il valore del vino che sta bevendo. E dunque questo rappresenta un percorso di crescita, che può portare ad esempio ad evolvere dai vini più economici a quelli di maggior pregio. Credo che sia un passaggio importante per il mondo del vino a 360 gradi”. Dall’osservatorio di Tannico, le piattaforme e-commerce contribuiscono a monitorare e sostenere i trend del consumo di vino. “Si percepiscono delle tendenze molto forti – spiega Magnocavallo – e in qualche modo noi possiamo inseguirle in modo immediato e più efficace rispetto ai retailer tradizionali. Il passaggio dai rosati molto carichi ai rosati leggeri in stile francese è un esempio di evoluzione osservata in tempo reale. Oppure la spinta sui vini naturali, biodinamici, artigianali”. Il cliente di Tannico oggi punta molto su Alto Adige (premi importanti e ottimo rapporto qualità-prezzo), sull’Etna che è in crescita da almeno un paio d’anni, ma anche la fama di Bolgheri tira online; male invece il Chianti e il Prosecco di qualità (a cui vengono preferiti altri spumanti). Nei distillati la fa da padrone chi ha il marchio forte, chi è di moda, “per cui abbiamo i gin che tirano o i whisky un po’ trendy come il giapponese Nikka, mentre grappe e amari tradizionali fanno più fatica”. Nella comparazione con altri paesi, in Gran Bretagna come in Spagna i consumatori appassionati di vino sono più propensi ad acquistare online. “Ci sono forse ragioni specifiche – ammette il fondatore di Tannico – perché in Italia abbiamo 150mila cantine e, tolte le grandi città, se vivi a Pavia come a Verona hai 100 cantine facilmente raggiungibili in auto. Poi però, una volta che ordinano, i clienti scoprono la grande comodità”. E dato che a Londra o a Berlino le cantine non sono poi così vicine, Tannico spedisce tutto dal magazzino centrale di Milano, avendo centralizzato la logistica sfruttando la forte accelerazione nel mondo delle spedizioni (sulla spinta di Amazon che ha alzato l’asticella).
XTRAWINE OLTRE CONFINE
Nata nel 2008 grazie alla collaborazione di un gruppo di informatici diplomati sommelier, la piattaforma XtraWine.com ha realizzato oltre 5 milioni di euro di fatturato in Europa con la società italiana (due terzi da vendite in Italia) e circa un milione attraverso la controllata Xtrawine HK Ltd a Hong Kong. “Il mercato del vino online – racconta Stefano Pezzi, fondatore e amministratore di XtraWine – sta evolvendo con un ritmo di crescita indicativamente del 15-20 per cento l’anno, che poi è il nostro tasso di crescita. Questo nonostante l’Italia sia obiettivamente sottotono rispetto allo scenario europeo. Non che sia una novità, ma ora davvero il nostro Paese segna il passo. La propensione al consumo con acquisti online in Gran Bretagna è sette volte quella italiana e in Repubblica Ceca si moltiplica per dieci, naturalmente in proporzione al numero di abitanti”. Dal punto di vista di XtraWine, il 2019 si annuncia in crescita per il settore, con una evoluzione tra il 15 e il 20 per cento rispetto al 2018. “Intendiamoci, sono numeri di tutto rispetto soprattutto perché parliamo di crescita vera e non forzata – precisa – ma è un dato di fatto la performance più brillante nel resto del mondo. Il vino è un settore maturo, ma pur vivendo un buon momento in termini di riconoscibilità vede una scarsa propensione all’acquisto online soprattutto da parte dei giovani, che in Italia hanno meno soldi rispetto ai loro coetanei di altre nazioni, e da parte di clienti che non si fidano ancora delle transazioni elettroniche. Truffe online e furti di dati rendono il consumatore medio piuttosto diffidente”. Non a caso la clientela di XtraWine è quasi esclusivamente di fascia medio/alta. “In Europa la vendita online, specie di beni dilettevoli come il vino, è appannaggio di professionisti o imprenditori con una buona capacità di spesa – rimarca Stefano Pezzi – e questa fascia più ricca si sta assottigliando in Italia”. Anche per questo il gruppo si è affacciato sull’estero con decisione, vendendo soprattutto vino italiano (assieme a un 20% di etichette francesi) e puntando in Svizzera, Danimarca o Regno Unito, dove va molto bene e non teme l’impatto della Brexit. “Abbiamo anche una Ltd controllata a Hong Kong – riferisce l’ad – che può contare su un proprio magazzino e su una gestione indipendente. Copriamo da lì tutto il Far East, Cina esclusa, e devo dire che la velocità di sviluppo è nettamente diversa in quel contesto, oltre a garantire margini molto interessanti”. Lavorando prevalentemente con privati e marginalmente con l’horeca, XtraWine vanta la qualità del servizio e la soddisfazione del cliente come lasciapassare per il successo. “Si vince all’estero se si lavora bene. Il cliente ordina una specifica annata e riceve in tre giorni il suo vino, ovunque egli sia in Europa. Il 95 per cento dei problemi deve esser risolto alla prima chiamata e se c’è da prevedere un rimborso, deve arrivare entro 20 minuti. E poi naturalmente c’è la capacità di lavorare sull’indicizzazione e sul sostegno tecnico alla piattaforma, che cambia in funzione dei paesi e dei continenti”. Pur essendo centrata sull’Italia, l’italianità non è percepita da XtraWine come un’arma in più sui mercati asiatici. “Siamo connotati, certo – ammette Pezzi – ma questo non sembra avere un impatto significativo. Ad Hong Kong pensavamo potesse contare di più, invece dopo le fregature che si son presi per decenni non è proprio un ottimo biglietto da visita. Da 5 anni stiamo costruendo, mattoncino su mattoncino, una nuova reputazione del vino italiano. E però, pur crescendo con soddisfazione del 50% ogni anno, oggi siamo ancora minuscoli”.
LE POTENZIALITÀ DELLA PROVINCIA
Nata con l’idea di esser il “sommelier online” disponibile h24, Callmewine.it è oggi una delle piattaforme B2C più attive sul mercato italiano, l’unico su cui opera per il momento. “Le vendite stanno crescendo, anche se nel confronto con i valori all’estero in Italia siamo molto indietro”, osserva Paolo Zanetti, fondatore e patron di Callmewine. “C’è un grosso potenziale e tutti i player che lavorano bene mi risulta si stiano sviluppando al ritmo double digit. Le piattaforme realmente competitive sono poche, anche perché non basta il sito… quello è solo la faccia con cui ti presenti all’esterno, ma per lavorare bene devi automatizzare i processi di acquisto, strutturare l’organizzazione e accompagnare lo sviluppo, altrimenti salta il rapporto di fiducia con il cliente”. Secondo Zanetti è inevitabile che i vantaggi dell’e-commerce di vino facciano evolvere il mercato. “Si pensi ai piccoli paesi, dove se anche c’è una enoteca non può avere una selezione comparabile con quelle di un online. E poi c’è la comodità della consegna a casa, anche in quantitativi consistenti. Insomma, il servizio fa la differenza e se si risolvono alcuni problemi di connettività si può espandersi ancora”. E i numeri sembrano dargli ragione, dato che rispetto il 2018 ha visto un balzo oltre il 20% rispetto ai 3,9 milioni di fatturato del 2017. “Noi, e con noi tutti i player che lavorano bene, abbiamo avuto una crescita interessante, anche oltre la media di mercato. E dato che noi copriamo solo l’Italia con la vendita diretta, senza alcun utilizzo di portali intermedi (come Amazon), siamo molto soddisfatti”. Le sirene dei mercati internazionali però si fanno sentire e dunque anche Callmewine andrà presto a confrontarsi con dogane e accise e rappresentanze fiscali, anche se “per paradosso è più facile e comodo esportare fuori UE, appoggiandosi a un buon corriere, che in ambito comunitario dove le procedure fiscali sono più complesse”.