I big dello spumante continuano a crescere. Nel 2018 i primi cinque hanno tutti aumentato il fatturato, e se nel Prosecco non c’è rischio di offerta in eccesso, chi come Ferrari opera nel metodo classico non ha vino a sufficienza per soddisfare le richieste.
di Andrea Guolo
La leadership della piemontese Fratelli Martini nella spumantistica esce nettamente rafforzata dal risultato 2018. Con 220 milioni di euro, la società presieduta da Gianni Martini e che opera nel mercato con i marchi Canti e Sant’Orsola fa segnare uno dei più importanti balzi dell’anno, portando a 80 milioni il distacco dal secondo specialista delle bollicine italiane ovvero la veneta La Marca, che comunque ha ottenuto un risultato di spicco: per la coop di Oderzo (Treviso), negli ultimi due anni, la crescita è stata del 40 percento. Il tutto è avvenuto all’insegna del Prosecco, prodotto di riferimento per entrambe le società che ne rappresentano rispettivamente il secondo (Fratelli Martini) e il primo (La Marca) imbottigliatore della denominazione di origine controllata per numero di bottiglie, considerando sia il proprio marchio sia il private label che è particolarmente elevato per La Marca. Posizioni altrettanto forti, in materia di Prosecco, sono quelle di cui dispongono Villa Sandi, quinto in classifica e con una quota significativa di referenze nell’ambito del Superiore di Conegliano e Valdobbiadene docg, e Contri, che nel 2017 chiudeva la cinquina mentre nel 2018 si è portato al quarto posto superando proprio l’azienda di Giancarlo Moretti Polegato. L’unica eccezione alla dittatura del metodo italiano (Martinotti o Charmat) nella parte alta della classifica è quella del gruppo Lunelli, che si conferma al terzo posto con 101 milioni di cui ben 72 sono stati realizzati con il metodo classico Trentodoc di Cantine Ferrari.
BIO E VEGAN SPARKING
“Nei primi due mesi – sottolinea Gianni Martini – siamo in crescita del 10% e vorrei sottolineare che si tratta di una dinamica non solo quantitativa, ma anche di tipo qualitativo. Inoltre, non ci soddisfa soltanto il fatturato ma anche l’ultima riga del conto economico: ci dice che non abbiamo venduto tanto per vendere, ma lo abbiamo fatto creando i progetti giusti”. Il 90% del giro d’affari di Fratelli Martini dipende dall’export, dove la società investe con determinazione per rafforzare le posizioni ottenute negli Stati Uniti e per conquistarne di nuove in Asia. “E ora, a Vinitaly, arriva il momento di affrontare la sfida dello spumante bio e vegan, che lanceremo per il mercato europeo. Ieri era una nicchia, oggi comincia ad essere un prodotto che i buyer chiedono perché sia presente a scaffale, sotto forma di bollicina o di vino fermo”. Per Paolo Contri, titolare dell’azienda Contri che ha sede in Veneto (a Cazzano di Tramigna, provincia di Verona) e che ha recentemente inaugurato uno stabilimento con magazzino automatizzato in Emilia a Campogalliano (Modena), zona dove segue il business del Lambrusco, l’aumento del 2018 è stata una gratificazione per le difficoltà che il settore ha affrontato a seguito della vendemmia precedente, piuttosto scarsa. La quota di produzione con “bolle” si aggira attorno al 70% tra vini frizzanti e spumanti, un 25% è assicurato dai vini fermi e il restante 5% dagli aperitivi e cocktail. L’export rappresenta circa la metà del giro d’affari dell’azienda. “Con il nuovo anno – afferma Contri – sarebbe già un successo riuscire a mantenere il fatturato del 2018, data la riduzione dei prezzi di approvvigionamento e la conseguente stretta su quelli di vendita. Inoltre, il mercato è in attesa perché i buyer, che non hanno ancora capito se la discesa dei prezzi sia giunta a termine, comprano con estrema prudenza e così gli stock in cantina stanno aumentando, per effetto delle grandi quantità raccolte la scorsa estate”.
NON CE N’È ABBASTANZA
Chi opera nella fascia più alta del mercato non sarà del tutto estraneo a queste logiche da commodity, ma certamente ha maggior riparo. Nel caso di Ferrari, l’assenza di basi destinate a dar vita a spumanti millesimati e riserve ha perfino limitato la crescita: se il giro d’affari del gruppo nel 2018 è aumentato di un solo milione di euro, ciò è avvenuto semplicemente perché a Natale era già stato tutto venduto. “Si è trattato di un problema, che potremmo definire ‘un bel problema’ visto il trend generale del mercato”, commenta il presidente e AD Matteo Lunelli. “Pertanto, i numeri finali dimostrano solo in parte la dinamica favorevole in atto, alla fine di un triennio di forte sviluppo. Come cantina, ci siamo posti la regola che questa crescita non debba mai avvenire a discapito della qualità e perciò la scarsità di prodotto è coerente con il posizionamento che vogliamo mantenere”. Lunelli inoltre sottolinea i risultati che Cantine Ferrari sta ottenendo con Perlè, la cui collezione oggi presenta cinque etichette: “Si tratta di una linea particolarmente amata dagli appassionati delle bollicine e perla quale la domanda supera nettamente l’offerta”. Senza dimenticare l’impegno dedicato nel 2018 al lancio della nuova immagine di Bisol, il brand con cui il gruppo Lunelli opera nel Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene: “Questo sarà l’anno in cui potremo cogliere appieno i risultati degli investimenti fatti su Bisol”, commenta l’imprenditore trentino. Tra le sfide lanciate da qui a fine anno, con possibilità di sforare nel 2020, c’è l’apertura del primo locale a marchio Spazio Bollicine oltre il confine italiano.