Si dice che la pandemia abbia accelerato le tendenze già in atto, che magari prima del fatidico lockdown di marzo 2020 stentavano a imporsi nel mercato. L’e-commerce del vino non fa eccezione. Lo evidenzia la nostra analisi pubblicata nelle pagine seguenti, da cui emerge che le prime cinque piattaforme specializzate hanno più che raddoppiato il fatturato annuo e in alcuni casi hanno dovuto anche rinunciare a diverse opportunità per rendere ancora più corposo il loro business, decollato in maniera inattesa già alla fine di febbraio. Non è un caso che due dei cinque player analizzati abbiano deciso, durante l’anno, di aprire il capitale a investitori esterni, ottenendo le risorse indispensabili per affrontare un mercato sempre più ampio. Da un lato, c’è l’Italia che prima era il fanalino di coda per incidenza delle vendite online e ora presenta numeri senz’altro più interessanti, ma in ogni caso contenuti se paragonati a quelli dei Paesi tradizionalmente protagonisti nei consumi digitali: l’espansione potrebbe essere soltanto agli inizi. Dall’altro, c’è l’estero, dove l’appeal dell’Italian wine è forte, ma per entrarvi servono risorse e programmi di espansione ben definiti, soprattutto in fatto di marketing e comunicazione. Senza dimenticare le potenzialità del b2b, ora che i ristoranti, almeno quelli sopravvissuti alla crisi, non hanno più le risorse di un tempo da investire per fare scorta di vini in cantina e potranno o dovranno perciò ricorrere all’online come canale di approvvigionamento. La strategia vincente delle piattaforme specializzate, anche per contrastare la concorrenza che sarà sempre più agguerrita da parte di Amazon e delle catene della gdo, diventerà quella del servizio che rappresenta anche uno strumento per aumentare una marginalità inadeguata. Servono spalle larghe per affrontare questo mercato, e gli investitori ormai hanno puntato i fari sull’e-wine perché ne comprendono le potenzialità. Nei prossimi mesi, è assai probabile ci saranno ulteriori sviluppi.