A volte avere per sede una dimora storica può essere tanto prestigioso quanto scomodo. E questo è un po’ quanto sta succedendo alla cantina di Santa Sofia, una delle più antiche della Valpolicella, che ha per quartier generale una villa del 1565 firmata da uno dei più importanti architetti della storia: Andrea Palladio. Così, se da una parte il biglietto da visita è unico, dall’altra, e nonostante il legame tra la villa stessa e la produzione vitivinicola affondi le radici fino al 1811, tutto si è complicato a partire dal 1996, anno del suo ingresso nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Soprattutto se la cantina, celebre per i suoi rossi, con il passare del tempo cresce fino ad arrivare a una produzione di circa 550/600 mila bottiglie, centomila delle quali di Ripasso e 80mila di Amarone. Numeri che sul totale vanno poi raddoppiati considerando anche le etichette Antichello.
È a questo punto, che Luciano Begnoni, alla guida della realtà veneta distribuita su 24 ettari nella Valpolicella classica e 45 ettari nella Valpolicella orientale, ha dovuto scontrarsi “con una realtà complicata, dove di fronte alla bellezza della nostra sede, si sono manifestati dei limiti strutturali e dei vincoli artistici”. Così, ha continuato il conduttore di Santa Sofia: “dopo sette anni di ricerca ho trovato lo spazio che cercavo, che ha anche due ettari di terra da impiantare”.
L’investimento, non distante dalla sede attuale, è previsto in 8 milioni di euro e i risultati si vedranno “nell’arco dei prossimi tre anni”, per un passo che sarà fondamentale nello sviluppo di Santa Sofia, che a oggi è presente in 65 paesi dove esporta l’87% della produzione con Scandinavia, Usa e Canada sugli scudi, e contando su un volume di 180mila bottiglie in Francia, mentre per quanto riguarda il mantra cinese: “Non posso non pensarlo come a un mercato futuro, ma per ora è ancora troppo presto”.
Fabio Gibellino