In principio erano gli hotel. Soprattutto nelle grandi strutture alberghiere nel mondo, in cui la necessità di una proposta diversificata e orientata all’all day dining è intrinseca. È qui che il bar e il ristorante hanno avviato il dialogo, con una proposta cocktail che potesse arrivare in tavola o con bistrot provvisti di drink list. Oggi sono sempre più i ristoranti che dedicano al bar uno spazio non più secondario, ma da comprimario rispetto alla cucina. C’entra la tendenza internazionale di una mixology sperimentale, certo, ma i motivi sono anche economici. È noto, ad esempio, che il ricarico sul drink cost, rispetto a quello del vino e del cibo, è nettamente maggiore, viaggiando su percentuali che vanno dal 250% al 500%, a seconda di location e target. L’Italia, con Milano capofila, si è certamente accorta dell’opportunità, e un numero crescente di realtà della ristorazione propone un’offerta mixology solida, che da contorno diventa autentica occasione di business.
L’articolo è disponibile nel numero di novembre/dicembre di Pambianco Magazine Wine&Food.
I PIONIERI DELL’OFFERTA IBRIDA
Fino a qualche anno fa, i casi milanesi de Il Liberty dello chef Andrea Provenzani, che aveva fatto del gin tonic a fine pasto un rito richiesto dai clienti, e del Dry, che per primo aveva affiancato la pizza e i drink, sembravano isolati, seppur virtuosi e di grande successo. La situazione attuale è ben diversa, e i ristoranti fine dining che nascono all’ombra della Madonnina, ma anche lungo tutto lo Stivale, sono degli ‘ibridi nativi’ e affiancano alla proposta food e alla cantina il bar. È il caso di IT, ristorante una stella Michelin che ha portato in Brera una proposta d’ispirazione mediterranea affiancata da un’atmosfera rilassata irrorata dal grande bancone, e de L’Alchimia, anch’esso stellato dal 2020, che affianca alle scelte enologiche di Alberto Tasinato i drink di Valerio Trentani, restaurant & bar manager. Ristorante e bar dialogano anche in altre realtà affermate come Terrazza Triennale dello chef Stefano Cerveni e Ceresio 7, dove sono protagonisti i piatti dello chef Elio Sironi e le creazioni del bar manager Guglielmo Miriello. Lo stesso fanno il ristorante Piano 35 di Torino, dove lo chef Marco Sacco segue la cucina, mentre il figlio Simone è al timone del lounge bar, e Locale Firenze nel capoluogo toscano. E se a Roma Reserva Restaurante y cocteles propone la mixology come pairing ad un menu di carne, Litho55 a Portici e Ristorante Olio ad Origgio affiancano i cocktail ad una cucina di pesce. Racconta Luigi Milini, proprietario e creatore del locale in provincia di Varese e di Spazio The Box: “In una realtà polimorfa come la nostra non poteva mancare uno spazio destinato al cocktail bar. Abbiamo voluto che fosse una zona ampia, comoda, in cui indugiare, chiacchierare, fare affari o divertirsi prima di cena, ma anche dopo, con una proposta molto varia di pre e di after dinner, perché vogliamo che l’esperienza sia indimenticabile nella sua interezza”.
ALL DAY DINING E RISTORAZIONE 2.0
Gli hotel continuano la loro tradizione di mixology al loro interno, rendendola più che mai contemporanea. Il Grand Hotel Parker’s di Napoli è reduce da Parker’s Pop Up, progetto temporaneo con cui ha portato lo speakeasy partenopeo L’Antiquario sulla propria terrazza; il Four Seasons di Milano ha appena lanciato la possibilità di gustare pizze gourmet, nate dalla collaborazione tra l’executive chef Fabrizio Borraccino e Marzia Buzzanca, con i drink del bartender Luca Angeli. Ma avere una proposta capace di incontrare le esigenze del cliente nell’arco di tutta la giornata non è ormai una necessità esclusiva dell’hospitality. Spiega Sandra Ciciriello del 142 Restaurant: “Volevo dare un taglio più internazionale al mio locale. In qualsiasi ristorante di New York in cui sono stata, già da ragazza, era presente il cocktail bar. Nel 2013 sono stata tra i primi a ritagliare spazio per i cocktail nel mio bar nel ristorante Alice, quando si era appena trasferito dentro Eataly. Ora, con 142 Restaurant, avevo voglia di dare l’opportunità a chi viene per la cena di fare un aperitivo prima o di bersi un drink durante o a fine pasto. Penso che se una persona sta davvero bene all’interno di un locale, volentieri decide di proseguire lì la serata”. Un’esigenza del consumatore che diventa pertanto opportunità per il ristoratore. E come questo ristorante milanese, che vanta anche una pasticceria interna, anche Numa al Circo a Roma lavora su un’offerta all day dining che parte dalla colazione e passa per pranzo, aperitivo e cena, in cui è sempre possibile ordinare un drink. E nell’interpretare la contemporaneità della richiesta interessante il caso di Casa Mago a Torino dello chef Marcello Trentini e della moglie Simona Beltrami. Il cocktail bar, pur non comunicando direttamente con il loro stellato Magorabin, ha sede nella porta accanto, dando così la possibilità alla clientela di accedere ad una proposta informale (anche food) dall’aperitivo all’after dinner. Ancora a Milano il Ca-Ri-Co di Dom Carella e Lorenzo Ferraboschi ha aperto la Martini Room, una stanza interamente dedicata all’alcolico. La formula per accedervi? 30 minuti a 30 euro per un aperitivo, 60 minuti a 50 euro per una light dinner e 90 minuti a 70 euro per l’esperienza completa.
PIZZA E DRINK: BINOMIO PERFETTO
Ma se si parla di bar, uno dei maggiori food trend è quello dell’abbinamento tra pizza e cocktail, ormai molto diffuso. Il Dry continua su questa strada ma anche Bioesserì, insegna presente a Milano e a Palermo, nella sua sede di Porta Nuova ha un ampio bar, per l’happy hour o per un pairing con pizze e piatti mediterranei. Una tendenza che si può ritrovare anche in indirizzi cult quali Spazio Rock di Brescia, Donatelli 3011 di San Giovanni Lupatoto, Battil’oro di Querceta, Largo 9 di Firenze. A testimonianza della rilevanza del fenomeno, la nascita di Giolina & S.Pellegrino Young Chef Academy. Voluto da Ilaria Puddu, ideatrice dell’insegna della pizza assieme a Stefano Saturnino, con S.Pellegrino, il progetto prevede una serie di pizze limited edition (realizzate da Paolo Griffa, Luca Natalini, Davide Marzullo e Chang Liu assieme all’executive pizzaiolo Danilo Brunetti), che è possibile abbinare ai cocktail realizzati con bibite Sanpellegrino dal celebre bartender Mattia Pastori. Come la pizza, sono altre le proposte di ristorazione ‘easy’ che vogliono dare il giusto spazio al bar, dal Bros and Bun a San Giorgio a Cremano a Marcellino Il Sarto del Panino a Milano.
SUSHI, FUSION E COCKTAIL LIST
Pare poi che i ristoranti con una proposta di sushi, in particolare quelli creativi e d’ispirazione nippo-brasiliano o nikkei, contemplino volentieri nella loro colorata offerta il bar. Ne sono un esempio format di successo come Temakinho e Bomaki. A Roma il mondano Zuma ha un’ampia selezione di drink a disposizione della clientela, così come a Milano il ristorante Izu di Jin Hu o il Batukada di Jean Carlo Lima e Ana Paula de Oliveira. Ancora il Nishiki di Alessandra Hu e Xiaobo Zhou o, a Nova Milanese, il Mu Fish di Liwei Zhou, dove dietro il bancone troviamo il bartender Sergio Testaverde. Dello stesso gruppo, anche il Mu dim sum, accanto a Stazione Centrale, propone, in alternativa al tè, vera specialità della titolare Suili Zhou, la possibilità di ordinare miscelati dal bar da gustare con la cucina cinese. Lo stesso fanno il Dao – Dim Sum Bar di Roma, lo Staj – Noodle Bar di Napoli e, rimanendo nel capoluogo meneghino, i locali dell’insegna Hekfanchai, con il loro street food di Hong Kong.
Contaminazioni e mixology dunque vanno a braccetto in diverse cucine del mondo: da Spica, il ristorante in Porta Venezia di Ritu Dalmia e Viviana Varese che affianca sempre a portate internazionali un buon cocktail, a El Tacomaki, recente apertura in via Fauchè e in Corso Corso, in cui cucina tex-mex, latina e nipponica si fondono. Sottolinea il restaurant manager Fabrizio Castorani: “Non a caso la nostra drink list ha come ingrediente principale la tequila. Secondo i numeri di via Fauchè la Capirinha è il cocktail più venduto in assoluto, seguito da Margarita e Mojito. Sicuramente puntiamo a farci riconoscere con i nostri drink fruttati, utilizzando sempre frutta esotica. Uno di questi è il Mambo Mango, cocktail a base di tequila e mango con un tocco piccante. Nella nostra carta inoltre diamo la possibilità ai clienti di assaggiare degli ottimi Mezcal artigianali”.
NUOVE APERTURE. IMMANCABILE IL BAR
Ed è così che le nuove aperture, in particolare quelle gourmet, contemplano ormai il bar come parte integrante dell’offerta, capace di elevare l’esperienza del cliente. A Napoli il Gruppo JCo, molto apprezzato in Campania per i locali J. Contemporary Japanese Restaurant, ha aperto Aria Restaurant, un ristorante che, con la cucina di Paolo Barrale, è l’essenza del fine dining e comprende un elegante e fornitissimo bar (oltre a un secret bar al piano -1). A Milano lo chef Andrea Aprea, reduce dall’addio al Park Hyatt, apre al Museo Etrusco un ristorante in cui ampio spazio verrà dato a bar e bistrot. Infine a Genova il gruppo Mentelocale Bistrot, cambia per una volta la sua rodata formula per aprire all’interno di Palazzo Ducale Cucine Ducale – Cocktail & Wine Restaurant.